L’art. 32 del D.P.R. 29.09.1973, n. 600 ( accertamento), 1° c, n.7, prevede che l’Amministrazione Finanziaria possa richiedere alle banche, e ad altri soggetti, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Tutti i versamenti ed i prelevamenti devono essere giustificati dal contribuente, altrimenti sono attratti come corrispettivi imponibili, presunzione legale questa superabile solamente fornendo la prova specifica, per ciascuna movimentazione bancaria, volta a dimostrare l’estraneità della stessa all’attività svolta.
L’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973, invece, prevede che gli uffici possano disporre l’accesso di propri impiegati presso aziende e istituti di credito e l’Amministrazione postale allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie richiesti e non trasmessi o allo scopo di rilevare direttamente la completezza o l’esattezza di quelli trasmessi. (R) l’accesso deve essere preceduto dalla richiesta.
E’ importante, innanzitutto, definire qual è il valore probatorio dei dati raccolti, giacchè i controlli bancari sono rivolti sia ai privati che alle imprese, con la conseguenza che a quest’ultimi va considerata anche la disciplina dell’IVA.
Dal momento che la norma prevede che i dati sono presi a base dell’accertamento, è chiaro che siamo in presenza di presunzione legale per effetto della quale il contribuente deve fornire la prova contraria di tutte le operazioni bancarie, anche di quelle riconducibili ad una contabilità aziendale, sia pure in forma diversa da quella che può costituire “ una prova documentale riferita ad una operazione bancaria che non appartenga all’azienda e quindi non contabilizzata, né rilevante ai fini delle imposte dirette e dell’IVA” . E’ subito chiaro l’enorme quantità di tempo necessario per procedere alla raccolta delle prove, fatta magari a distanza di anni. E’, opportuno, pertanto seguire preventivamente alcuni suggerimenti allo scopo di evitare le conseguenze invasive da controlli e accertamenti bancari.
Fatta eccezione per gli studi di settore, definitivamente qualificati dalla Cassazione presunzioni semplici, per gli altri tipi di accertamento, quali indagini finanziarie, redditometro, spesometro, l’Ufficio è dispensato dall’onere di provare l’attività evasiva. La prova contraria, dunque, posta a carico del contribuente deve essere fondata su adeguata documentazione; da qui UNA RAGIONE IN PIU’ per predisporre per tempo (S) la documentazione ed il modello difensivo da contrapporre alla pressione dei verificatori ed Uffici finanziari.
Stando così le cose, e per il momento, (S)conviene porre in essere quotidianamente alcune semplici regole:
- Fotocopiare gli assegni bancari;
- Fotocopiare il documento cui si riferisce l’operazione finanziaria;
- Annotare sugli stessi le causali;
- Archiviare per data e per anno;
- Utilizzare il bonifico bancario per trasferimenti importanti;
- Verificare che i flussi in entrate ed in uscita siano compatibili e congrui con la redditività del soggetto e, se necessario, creare fin da subito la riconciliazione dimostrativa della disponibilità finanziaria, magari riferibile ad anni precedenti.
Quanto sopra se fatto giornalmente richiede pochi minuti, ma farlo a distanza di anni e nei tempi ristretti, normalmente concessi dall’Ufficio verificatore, diventa difficile, oneroso, a volte impossibile, ma soprattutto si corre il rischio di non essere in grado di documentare i movimenti, con la conseguenza che tutto ciò non sia stato giustificato e documentato venga attratto a tassazione.
Una buona regola consiste nel tenere separate, in apposito c/c, le operazioni bancarie che attengono ai consumi o spesa familiare da quelle tipiche aziendali ( il riferimento è alle imprese individuali).