ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI
Oggetto: Anno 2004 – IRES – IRAP – IVA – SANZIONI – INTERESSI per la società S.r.l. con sede in , via ..
Contro: AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI RICORSO INTRODUTTIVOCUMULATIVO
Avverso due avvisi di accertamento emessi dall’ Agenzia delle Entrate Ufficio di , Via , distintamente
specificati:
1) Numero RF Prot. in data ), relativo alla Società con sede in Via domicilio fiscale, rappresentata da , nato a ) il , ivi domiciliato, Codice fiscale ;
Atto notificato il , r.n. 763 -3; –
Tributi accertati: IRES – IRAP – IVA- ;
2) Numero RF (Prot. in data ), relativo al rappresentante legale dell’anzidetta S.r.l., Signor , nato a il 10.04. ivi domiciliato,Codice fiscale ;
– Atto notificato il 26. 09, nr. 7 066-2 – Tributi accertati: IRES-IRAP-IVA;
ED IN NOME E PER CONTO DEI SOPRA SPECIFICATI SOGGETTI D’IMPOSTA,
IL DIFENSORE TECNICO ABILITATO
Rag. TONIO DETOMASO, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla via G. Pascoli, n.27/A, 70017 Putignano (Ba); Codice Fiscale DTM TNO 47P04 HO96B, giusta procura alle liti rilasciata, secondo i rispettivi atti e titoli rappresentativi e personali, di
diritto, degli stessi ricorrenti, come sopra identificati, procura in calce a questo atto di ricorso;
CON RICHIESTA
- DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92;
- DI ESERCIZIO DI OGNI POTERE ISTRUTTORIO, OVE OCCORRA, ESSENDO LA CONTROVERSIA FORIERA DI ASPETTI COGNITIVI DEL TUTTO PARTICOLARI, NELLA PROSPETTAZIONE DELLA RATIO DI BISOGNO E DI ASSENTIMENTO DELL’ART.7 DEL D.LGS. N.546/1992;
- ALL’UFFICIO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE AVVISANTE, DI ANNULLAMENTO DEGLI OPPOSTI AVVISI, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R. 287/92 E DELL’ART.2 QUATER DEL D.L.
30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656 E DELLE DIRETTIVE APPLICATIVE E REGOLAMENTARI DETTATE DALLE ISTITUZIONI
GERARCHICHE SOVRAORDINATE.
———-O———-
Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla . S.r.l. (a cura
della Rappresentante Legale pro tempore di essa), e dalla persona fisica xxxx quale rappresentante legale della società, secondo i rispettivi titoli di diritto e di tutela, come da rispettiva imputazione dei n. 2 avvisi emessi dall’Agenzia delle Entrate di ,
essendo ai due soggetti giunti a notifica gli Avvisi di Accertamento.
Egli, in esecuzione del detto ricevuto mandato difensivo, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità degli anzispecificati Avvisi Erariali, pertanto, ai sensi dell’art.18 e seguenti del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.
R I C O R R E
a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a Quo, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992, e s.m..
PREMESSA AI M O T I V I DEL RICORSO
I due Avvisi di Accertamento, nel loro costrutto formale, sostanziale, logico e giuro-impositivo, in abbinata constatata ricorrenza della connessione per natura tra gli stessi sul piano dei motivi, dei fatti, dei criteri di discrimine dei presupposti, dei tributi, dell’oggetto e di ogni altro elemento giuridicamente considerabile, nella ratio dell’art. 29 del D.Lgs. n.546/1992 e s.m. e delle norme del C.P.C., configurano
la Condicio Iuris di proponibilità “cumulativa” del presente ricorso. Trattasi cioè di unico fatto economico generatosi nella xxxxx
assunto dall’Ufficio come ipotesi di aggiuntiva obbligazione d’imposta a carico dei detti soggetti, tanto che i due Avvisi Fiscali si pongono in lineare connessione soggettiva ed oggettiva, per i quali il sottoscritto, negli stessi termini di connessione ed unitarietà, difensivamente si costituisce dinanzi a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale.
MOTIVI DEL RICORSO
IN FATTO
1) L’Agenzia delle Entrate Ufficio di notificava a mezzo raccomandata l’invito a comparire in Ufficio, n. I /2009, prot.
33 , dell’11 2009 ( all.1), e ad esibire una quantità ragguardevole di documentazione contabile per il giorno 30.00.200x;
2) Il giorno 30.00.200x veniva redatto il Verbale di consegna documenti (all.2);
3) Con tutti i documenti richiesti dall’Ufficio e consegnati, la parte produceva dettagliata memoria (all.3) con la quale riferiva sulle ragioni dell’utile d’esercizio inferiore rispetto agli studi di settore e dichiarava la corrispondenza a verità dei fatti;
4) Dalla consegna dei documenti, il contribuente non è stato più interpellato, né c’è stato alcun CONTRADDITTORIO.
5) In data 26.00.200x sono stati notificati gli avvisi di accertamento, qui impugnati, che indicano, a carico della Società S.r.l., maggiori ricavi accertati per € ,00, le imposte dovute per IRES € , per IRAP € ,00, per IVA € 13,00, e sanzioni per € 10 più € 1.00.
La disamina degli atti emanati dall’Ufficio, giudicati irragionevoli, rende opportuno e necessario porre la questione preliminare, che sarà trattata in fatto ed in diritto, senza aver tuttavia prima evidenziato alcuni aspetti peculiari:
INVITO A PRESENTARSI PROT. N. dell’ –
-
- La fuorviante richiesta
della documentazione contabile relativa alla società S.r.l. (SOGGETTO CON PERSONALITA’ GIURIDICA) e contestuale richiesta
di elementi di cui alla tabella allegata al DM 10/09/1992 ( Redditometro e altri indici di spesa, in attuazione dell’art. 38 co.4 del D.P.R.600/73) metodo che si applica alle persone fisiche e mai alle persone giuridiche!. L’invito così come strutturato complica la comprensibilità del rapporto che l’Ufficio intende porre in essere con il soggetto destinatario dell’invito. - VERBALE DI CONSEGNA DOCUMENTI-
- Dà atto che la parte in data 30 20 ha presentato:
- La memoria difensiva;
- Delega a rappresentare la società S.r.l.;
- La documentazione richiesta dall’Ufficio con invito n. I0009.
- Detto verbale non contiene altro.
- La fuorviante richiesta
- AVVISO DI ACCERTAMENTO RF 3 09– All’avviso di accertamento non è allegato lo studio di settore che
indichi come si perviene alla determinazione dei maggiori ricavi; - Quanto è scritto alle pagg. 3 e 4 dell’avviso è proposto dall’Ufficio come “ MOTIVAZIONE DELL’UFFICIO”; ma va subito detto
certamente che trattasi di “ rilevazioni e constatazioni di fatti e quindi non possono assurgere a rango di motivazione ”; - Alla pag. 4 sono riportati dati dichiarati dal contribuente, esposti con passaggi pretestuosi e, subito dopo la prima tabella in alto, con
considerazioni inammissibili nell’ottica del giusto procedimento tributario: “ Pertanto, le eccezioni proposte risultano in massima parte infondate e comunque sfornite di documentazione probatoria, e quindi l’incongruenza dei ricavi dichiarati per l’anno 2004 segnalata dallo studio di settore risulta fondatamente attendibile “. Qui l’Ufficio va oltre, eccede, fa leva su un potere discrezionale liquidando la questione senza rendersi conto che sta sbagliando. Infatti, quando il contribuente riferisce della crisi aziendale, della precaria ed insufficiente liquidità, della necessità di effettuare aumenti di capitale sociale e versamenti in conto aumento capitale sociale, che il costo del
personale dipendente è alto, non fa altro che comunicare all’Ufficio alcuni atti interni privatistici all’azienda, ed altri notarili con pubblicità
esterna perché regolarmente depositati presso il Registro delle Imprese, pertanto cosa significa “sfornite di documentazione probatoria se l’Ufficio non li richiede !!!”. - Alla pag. 5, l’Ufficio dopo aver ricavato la percentuale media di ricarico prendendo a base gli anni precedenti, determina il reddito
d’impresa ai sensi dell’art. 39, 1° comma, lett. d) del D.P.R. 600/73.
CIOE’ L’UFFICIO PROCEDE ALL’ACCERTAMENTO ANALITICO-INDUTTIVO AVVALENDOSI DI PRESUNZIONI COSTRUITE SU ALTRE PRESUNZIONI (STUDI DI SETTORE) ED ENTRAMBE LE PRESUNZIONI SEMPLICI NON SONO GRAVI, NE’ PRECISE, NE’ CONCORDANTI, NE’ L’UFFICIO HA CONTESTATO E/O DIMOSTRATO IN BASE ALLE SUDDETTE PRESUNZIONI L’INCOMPLETEZZA, LA FALSITA’ O L’INESATTEZZA DEGLI ELEMENTI INDICATI NELLA DICHIARAZIONE (art.39,lett.d), 1° comma, DPR 600/73 .
- L’atto di accertamento è disarticolato e non illustra il passaggio logico-giuridico seguito dall’Ufficio dall’inizio procedimento fino alla determinazione dei maggiori ricavi e conseguente emissione dell’avviso di accertamento. Alla pag. 10 dell’accertamento è irrogata la sanzione amministrativa n. 4 riferita alla mancata o irregolare tenuta, conservazione, rifiuto di esibire, dei registri di cui all’art. 23 e/o 24 e/o 25 e/o 39, ai sensi dell’art. 9, comma 1 e 3 del D. Lgs. 18.12.97 n. 471, con un minimo di €xxxxx,00 ed un massimo di € xxxx,00, pur
non essendo stata contestata dall’Ufficio alcuna irregolarità.
Appare evidente che l’Ufficio non ha rispettato nè le regole formali, né quelle sostanziali per chiaro contrasto
tra situazione su cui l’atto amministrativo è destinato ad incidere e la previsione delle norme. L’atto è viziato per eccesso di potere, per inesatta individuazione e falsa rappresentazione della realtà del soggetto accertato. La realtà della xxxxxx S.r.l. è quella dichiarata negli atti fiscali e nelle memorie, ovvero di illiquidità, assenza di redditività e ridotto volume d’affari che si assottiglia di anno in anno e quindi, in via preliminare,
sono trattate le due distinte fasi che devono contraddistinguere l’attività dell’Ufficio tributario, ovvero quella dell’accertamento e quella della
determinazione dei ricavi, rilevando fin d’ora l’annullabilità dell’atto amministrativo.
QUESTIONI
PRELIMINARI:
LEGITTIMITA’ DELL’ACCERTAMENTO
FATTO
DESCRIZIONE DELL’ATTIVITA’ SVOLTA DAL RICORRENTE- Va subito detto che la xxxxx S.r.l. non produce beni in serie ma su commessa. Prevalentemente, la società si occupa di arredo negozi, realizzazione di mobili e porte che sono richiesti su misura. Data la particolarità del prodotto, che richiede molta manualità, in azienda devono necessariamente essere presenti durante tutto l’arco dell’anno operai specializzati, competenti, dovendo lavorare materiali di pregio e assai costosi. Ciò comporta che l’azienda per fronteggiare le commesse, a volte numerose ed a volte poche, è costretta, comunque, a mantenere in organico un certo numero di operai qualificati a vantaggio della qualità offerta al cliente,
ma a netto svantaggio economico per l’azienda la quale sostiene un elevato costo di manodopera; tuttavia non c’è modo diverso e meno oneroso di gestire la produzione se si vuole essere pronti nei momenti in cui vi è più necessità di maestranze. Quando le commesse di un mese sono poche, le maestranze sono brave ad adeguare il tempo disponibile al prodotto in lavorazione !!!. Il prodotto ha bisogno di essere lavorato da mani esperte e gran parte delle fasi di lavorazione sono eseguite a mano e, sebbene si conoscono i tempi di esecuzione delle fasi, è praticamente impossibile rispettare i tempi standard, in quanto durante la lavorazione si presentano decine e decine di problemi da risolvere e, soprattutto, un pezzo non è mai uguale ad un altro.. E’ DIMOSTRABILE IN OGNI MOMENTO VENENDO IN AZIENDA CHE CON L’ORGANICO IN ESSERE LA SOCIETA’ POTREBBE PRODURRE ESATTAMENTE IL DOPPIO, se solo potesse contare su un costante flusso di commesse.
Per l’anno 2004, in particolare, le commesse sono diminuite drasticamente e si è registrato un consistente aumento nel costo delle materie
prime, fino al 30%.
Quanto innanzi sul fronte e l’evoluzione dinamica dei costi che non hanno trovato un corrispondente aumento del prezzi di vendita, se
non in misura contenuta e comunque non superiore al 10%, sia per rimanere competitivi sulla piazza, sia perché la domanda era accompagnata già da prezzi di riferimento e guidati, in considerazione della generale crisi in Italia.
DIRITTO
A) FASE DELL’ACCERTAMENTO A).1.GRAVE INCONGRUENZA E DIFETTO DI MOTIVAZIONE-L’art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n.331
in L. 29.10.1993, n. 427, in particolare, ha previsto l’elaborazione degli studi di settore in relazione ai vari settori economici di esercizio delle
attività imprenditoriali e professionali “ al fine di rendere più efficace l’azione accertatrice”. Ai sensi dell’articolo in esame, gli studi sono
strumenti elaborati dall’Amministrazione finanziaria, secondo la procedura così articolata:
- Identificazione di campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori, che presentano, cioè,
caratteristiche aziendali simili; - Controllo di questi campioni “allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata”.
Il non corretto uso della metodologia degli studi di settore, nella linea del sistema garantista cui la Carta Costituzionale si ispira, non
soddisfa almeno per due argomenti :
per primo:
- la notifica di un avviso di accertamento ha conseguenze in sè sanzionatorie, essa implica, infatti, un pregiudizio per il contribuente,
sopratutto economico, essendo l’atto suscettibile di diventare definitivo e motivo dell’iscrizione a ruolo di una parte delle imposte accertate;
per
secondo: manca l’identificazione del campione di contribuenti, economicamente coerenti, assunto per la formazione della “ base di riferimento “, poichè nè la nota tecnica e metodologica, nè altre fonti ufficiali forniscono chiarimenti sullo specifico punto. In via astratta o il riferimento è a posizioni soggettive verificate mediante attività ispettive e di riscontro ( ma anche tale ipotesi lascia pur sempre dei margini di incertezza ) oppure l’enucleazione è scaturita dal confronto con indici di produttività o di redditività forniti dalle categorie economiche interessate, cioè di parte;
- non sempre esistono correttivi territoriali, nè a livello Regionale nè a livello di centro abitato in cui l’attività viene esercitata. Ciò significa che in base agli studi di settore la stessa attività commerciale o professionale al centro di Milano o in un paese ipotetico della Puglia con meno di 1000 abitanti dovrebbe, produrre il medesimo fatturato e lo stesso volume di compensi. La mancanza di certezza, quale indice di attendibilità, è conseguenza (dannosa) inevitabile delle procedure per valori medi. Sarebbe davvero pretestuoso pretendere di raggiungere, per tale via, risultati conseguibili esclusivamente con metodologie analitiche per cui, una volta optato per uno schema
sintetico-induttivo, occorre gioco forza accettare anche possibili profili negativi quale inevitabile conseguenza del sistema procedurale prescelto.
L’ultimo periodo dell’art. 62-bis stabilisce, infine: “ Gli studi di settore sono approvati con Decreti del Ministero delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 1995 ( prorogato al 31.12.1998 dall’art.3, co. 124, L. 23.12.1996, n. 662), possono essere soggetti a
revisione ed hanno validità ai fini dell’accertamento a decorrere dal periodo di imposta 1995”( termine differito al 31.12.1998 ); risulta subito
evidente l’incerta affidabilità dello strumento statistico e sicuramente ogni volta che la stessa Amminstrazione Finanziaria, per qualsiasi ragione,
deve revisionare uno o più studi di settore.
L’art. 62-sexies, comma 3, dello stesso Decreto, che rappresenta la norma di riferimento in tema di accertamento da studi di
settore, stabilisce, invece, che gli accertamenti (analitici-induttivi) di cui agli artt. 39, co.1, lett. d), del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 (imposte dirette) e
54 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 (IVA) “ possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore”. Come si evince dalla lettura della disposizione, l’art. 62-sexies, comma 3, citato non ha previsto che la determinazione
del reddito o dei ricavi avvenga sulla base degli studi di settore, come invece è detto nelle disposizioni che disciplinano i precedenti strumenti di
accertamento quali “ Coefficienti art. 12 della L. 154/89, Contributo diretto lavorativo – L. 427/93, Redditometro – art. 38, 4 c D.P.R. 600/73, Regime forf, Parametri art. 3 L. 549/95”. Al contrario, lo studio di settore, viene investito semplicemente della funzione di agevolare l’espletamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria della funzione accertativa, permettendo alla stessa, in presenza di gravi incongruenze, di procedere ad accertamento analitico-induttivo.
L’art. 62-sexies, comma 3, richiede espressamente, per legittimare l’accertamento (fondato), che si verifichi una grave incongruenza tra i ricavi, i compensi dichiarati dal contribuente e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore. Il legislatore, pertanto, non ha ritenuto sufficiente il risultato degli studi di settore come fatto noto per determinare acriticamente i risultati conseguiti dal contribuente, ma ha richiesto ulteriormente la presenza di “ gravi incongruenze” tra questi ultimi e gli studi di settore. Inoltre, la grave incongruenza non può
affatto essere rappresentata dallo stesso scostamento rispettto agli studi di settore, come sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria, la quale ritiene che la gravità dell’incongruenza debba assumersi nel senso che è tale per il solo fatto che si verifica semplicemente un disallineamento con i valori risultanti dallo studio, quindi, che i maggiori ricavi risultanti dallo studio rappresentano sempre una incongruenza di per sè grave.
Il solo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli derivanti dall’applicazione degli studi non costituisce di per sè la grave incongruenza ma legittima semplicemente l’Ufficio ad effettuare l’accertamento analitico-induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73, previa esaltazione della consistenza della grave incongruenza, e non certamente ad effettuare in via presuntiva “ tout court” IL RICARICO sul costo di produzione. La Suprema Corte è andata oltre, chiarendo, in sostanza, che la mera difformità delle percentuali di ricarico applicate, rispetto a quelle emergenti da studi di settore, non legittima un accertamento analitico-induttivo, ma occorre che le risultanze degli studi di settore siano “ confortate da altri indizi”.
Va detto che l’art. 10 della Legge n. 146/98 non ha assolutamente modificato il quadro normativo di riferimento dal momento che, disciplinando le “ modalità di attuazione degli studi di settore”, trattasi di semplice norma di attuazione delle disposizioni contenute
nell’art. 62-sexies del D.L. n. 331/93, il quale è e rimane l’unica norma di riferimento in tema di accertamento da studi di settore. L’art. 10 citato non incide in alcun modo sull’operatività di tale requisito indefettibile, anche in forza del rinvio agli “accertamenti basati sugli studi di settore di cui all’art. 62-sexies”, che presuppone la volontà del legislatore di richiamare l’intero ambito di operatività di tale norma, comprese le condizioni in essa contenute. Ne consegue che il presupposto per procedere ad un accertamento analitico-induttivo fondato sugli studi di settore è,
pertanto, soltanto la sussistenza di una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione degli studi; grave
incongruenza che deve sussistere ancor prima di procedere all’accertamento e che l’Ufficio è comunque tenuto a dimostrare e ad indicare nel proprio accertamento, il quale non può essere, quindi fondato esclusivamente sulle risultanze degli studi di settore, né tanto meno su una percentuale media di ricarico, pena l’illegittimità dello stesso per violazione dell’art. 62-sexies D.L. n. 331/1993. L’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio sulla base del predetto scostamento, senza la motivazione circa i presupposti che hanno legittimato l’Ufficio a procedere all’accertamento, sarebbe del tutto carente di motivazione, stante il disposto dell’art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, Legge 27.7.2000, n.212, in base al quale tutti gli atti dell’Amministrazione Finanziaria devono essere motivati, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione stessa. Quando si legge che gli accertamenti di cui agli artt. 39, co. 1, lett.d), del D.P.R. n. 600/73 e 54 del D.P.R. n. 633/72 “ possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili… dagli studi di settore” significa che la legge ha inteso solo individuare una particolare “fattispecie” suscettibile di accertamento analitico-induttivo, fermi restando le cautele ed i presupposti della citata lett. d) del
primo comma dell’art. 39, del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 54 del decreto IVA. In altri termini, le divergenze ipotizzate tra risultati contabili e risultati dello studio di settore non autorizzano l’ufficio finanziario ad accertare a carico del contribuente un imponibile pari o diverso al risultato dell’elaborazione statistica ma, viceversa, autorizzano l’Ufficio (solo) ad adottare i criteri di accertamento indicati nella predetta lettera d), con l’obbligo di confrontare ( e supportare) il risultato dello studio con presunzioni gravi, precise e concordanti, nella considerazione che lo studio non esprime ricavi/compensi “effettivi” ma solo “ragionevoli” in condizioni ordinarie ( l’ordinarietà operativa dell’azienda va ricercata sempre e valutata in tutti gli aspetti tipici e caratteristici della stessa, non esclusi quelli finanziari a breve e medio termine). E’ in questa direzione che l’Ufficio, una volta verificato che gli elementi dello studio di settore siano corretti numericamente, deve dapprima dotarsi della motivazione e della prova per poi procedere alla determinazione dei maggiori ricavi; solo per questa via “ prova-accertamento-determinazione “ si
accredita il giusto ed equo procedimento sia per l’Erario che per il cittadino contribuente.
A).2.CONTRADDITTORIO CON IL CONTRIBUENTE L’Amministrazione Finanziaria ha previsto l’invio al contribuente di un invito al contraddittorio, art.10, comma 3 bis, L. 08.05.1998, n.146, contenente “ gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento al fine di pervenire alla definizione” ( Circ. Del Ministero delle Finanze n. 110/E del 21.6.1999- punto 7). In tutte le circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate, e da ultimo la 5/E/2008, in tema di accertamento da studi di settore è sempre stata vivamente consigliata agli Uffici, tenendo conto delle
disposizioni che regolano il procedimento di accertamento con adesione, la procedura di invitare preventivamente il contribuente per il contraddittorio, prima di procedere con l’accertamento effettivo. Riesce difficile comprendere come mai l’Ufficio di Gioia del Colle non si attiene alle disposizioni impartite dalla propria Direzione Generale!. Il contraddittorio è sempre obbligatorio; lo dispone l’art.10, comma 3 bis della L. 8.5.1998, n.146 nel dettare le “ modalità di utilizzazione degli studi di settore “ nell’attività di accertamento per la via dell’art. 39, primo comma, lettera d) del D.P.R. 29.9.73, n.600. Il contraddittorio è fase insopprimibile atteso che il contribuente, per mille ragioni, potrebbe definire l’accertamento avvalendosi delle disposizioni sull’accertamento con adesione, come da previsioni del D. Lgs. 19.6.1997, n. 218. Assume, quindi,
rilevanza la fase del contraddittorio con il contribuente, e le osservazioni formulate dai contribuenti nel corso del contraddittorio dovranno essere attentamente valutate, così come dovranno essere adeguatamente motivati sia l’accoglimento che il rigetto delle stesse.
Con riferimento agli studi di settore, va comunque rilevato che la Corte conferma la natura di atti amministrativi generali di organizzazione rivestita dagli studi, i quali non possono ritenersi sufficienti affinchè l’Ufficio effettui l’accertamento. Occorre, secondo la Sentenza
n. 17229/06, che l’attività di accertamento conseguente anche agli studi di settore sia completata dal principio generale del giusto procedimento, cioè consentendo al contribuente di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire il Giudice Tributario. Il rispetto della procedura incardina il giusto procedimento che è necessario affinché si osservino le regole e si
instauri la trasparenza tra Erario e cittadino contribuente. Quando l’Ufficio ignora questa proposizione prescrittiva regola è inevitabile il verificarsi del danno morale e materiale anche in capo alla stessa Amministrazione ed al contribuente. Se poi manca del tutto il contraddittorio,
non può che constatarsi la nullità degli accertamenti per effetto della legge 311/2004 che ha introdotto il nuovo comma 3 bis all’art.10 della legge n. 146/1998 dal carattere imperativo; ( Corte di Cassazione Sentenza n. 17229 del 28.7.2006 e Sentenza n. 11/12/2007
del 20.2.2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari.).
B) FASE DELLA DETERMINAZIONE DEI RICAVI B).1.ONERE DELLA PROVA– L’Ufficio non ha dato alcuna prova dei maggiori
ricavi accertati, ma si limita ad applicare al costo di produzione la percentuale del 18,73%, desunta dalla media delle percentuali riscontrate per gli anni 2002 e 2003, già dichiarate dal contribuente. Il ragionamento avanzato dall’Ufficio è fin troppo elementare e privo di qualsiasi tratto di credibilità giuridica e fattuale. Infatti, l’Ufficio dimentica che l’azienda è un insieme di fattori che mutano continuamente nel corso dell’esercizio a causa delle sollecitazioni gestionali interne ed esterne legati all’andamento delle vendite, del mercato, degli acquisti, della concorrenza, della crisi, della diversità dei prodotti e, principalmente, dalla lavorazione che non è in serie (falegnameria). Di sicuro l’azienda opera non in funzione degli studi di settore ma seguendo la logica d’impresa e di mercato. L’azienda è dinamica ed un esercizio non è mai paragonbabile ad un altro.
Vertendo in tema di presunzioni semplici è l’Ufficio che deve provare l’esistenza di attività non dichiarate e non il contribuente, il quale, durante l’esercizio, a mezzo delle scritture contabili ed i libri sociali, fotografa giornalmente gli accadimenti aziendali e si costituisce istantaneamente la prova delle proprie attività, nè più nè meno, osservando due leggi cardine del diritto tributario : il D.P.R.22.12.1986 n. 917 e il D.P.R. 29.9.1973, n. 600, ed ovviamente conservando almeno per 10 anni tutta la documentazione. Prima della determinazione dei maggiori ricavi l’Ufficio deve indicare e motivare l’esistenza “della grave incongruenza“, per la cui definizione escluse le frasi generiche di rito, dovrà possedere la specifica prova supportata dal ragionamento logico giuridico adottato per pervenire al risultato del maggiore ricavo. Ora, come è possibile sostenere la grave incongruenza se questa è il risultato della differenza tra i ricavi dichiarati dal contribuente e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore ( art. 62 sexies, comma 3, del D.L. 30.8.1993, n. 331), se lo studio di settore non è stato allegato all’accertamento, nè è stato preventivamente oggetto di esame IN CONTRADDITTORIO AI SENSI DELL’ART.5 DEL D.LGS. 19.6.1997, N. 218, al fine di costituire l’attendibilità degli studi di settore?.
La determinazione dei ricavi sarà la conseguenza, ragionevolmente possibile e verosimile, della considerazione degli ulteriori elementi rapportati all’applicazione delle tabelle, calcoli degli studi di settore. Al contribuente vanno spiegati i passaggi logici giuridici seguiti per giungere alla determinazione dei maggiori ricavi. L’Ufficio, invero, lo deve dimostrare con le normali regole delle presunzioni ( CC 8 apr.2004/5899; CC 24.2.2004/3646; CC 9.2.2004/2431), considerato, altresì, che il risultato del procedimento induttivo è pur sempre una presunzione che deve avere tutti i requisiti di gravità, precisione e concordanza che le conferiscano la forza di una prova (CTP di Bari, sez. I, 25.7.2005, n. 115, CTR di Bari Sez. VIII, 19.10.2005, n.85, CTR di Bari Sez. III, 8.9.2005, n.80). Sia le norme che la giurisprudenza, oltrechè la stessa prassi dell’Agenzia (circolare 5/E/2008), affermano che dagli studi di settore deriva una presunzione semplice. In quanto tale, l’onere della prova, alla luce dell’articolo 2729 del C.C., non può che spettare all’Amministrazione Finanziaria. Lo stesso D.L. 185/08, peraltro, conferma queste conclusioni, con
le disposizioni relative ai nuovi inviti al contraddittorio.
B).2.DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DISAPPLICAZIONE DELL’ATTO. L’Ufficio è tenuto ad allegare all’accertamento i Decreti, i Regolamenti con i quali portare a conoscenza delle parti e del Giudice come è pervenuta al risultato degli studi di settore.
L’obbligo della piena ed efficace motivazione garantisce innanzitutto il diritto di difesa del contribuente, altrimenti difficile da esercitare con la necessaria consapevolezza se essa non consentisse di comprendere la sostanza della pretesa fiscale e non si può certo affermare che lo strumento studio di settore, così come congegnato ed articolato, se non illustrato in tutto il suo percorso, possa costituire motivazione.
_________________
. _________________
MERITO
IN DIRITTO
- DIFETTO ED INESISTENTE MOTIVAZIONE DEGLI ATTI DI ACCERTAMENTO – NULLITA’ – VIOLAZIONE DELL’ONERE DELLA PROVA.
A) Esaminata la questione preliminare, le “motivazioni” dell’Ufficio assumono il carattere “ dell’apparenza” e sono da classificare in due distinte
attività. Una rilevante parte, pagg. 4 e 5 dell’avviso, costituisce solo descrizione dei dati relativi al soggetto accertato, ovvero constatazione, ossia assenza di attività apprezzabile al fine cui è destinato l’atto e come tale non ha ragione di trovarsi in motivazione perché non è motivazione, e l’altra, priva di qualsiasi prova, l’insieme di apparenti presunzioni non aventi i presupposti neppure minimi della gravità, precisione e concordanza. Infatti, l’Ufficio rileva i dati contabili della società, li assembla in tabelle, effettua la media di due percentuali di ricarico (pag.6) e li
applica al costo del prodotto ottenendo un numero diverso da quello dichiarato dalla parte, convinto di aver stabilito il “VANGELO”. Ecco che agendo nella fascia di eccesso di potere dice “ se il ricarico medio è questo i ricavi sono questi, quindi ti accerto… perché quelli sarebbero dovuti
essere e sono i ricavi per l’Ufficio; trattasi evidentemente di RAGIONAMENTO EVERSIVO ed ILLEGITTIMO pretendere di imporre un teorema fiscale aritmetico alle regole d’impresa, alle dure regole di mercato, omettendo di considerare che l’azienda in questione non produce in serie ma tutta l’attività è PRETTAMENTE ARTIGIANALE SU MISURA ED ESIGENZA DELLA CLIENTELA. L’accertamento così come strutturato, ovvero l’Ufficio richiama l’art.39 del D.P..R. 600/73, FA USO PARZIALE DEGLI STUDI DI SETTORE, DETERMINA I RICAVI COL METODO DEL RICARICO, è iniquo ed illegittimo, ma soprattutto E’ UN ACCERTAMENTO AUTOMATICO INVASIVO NON PREVISTO DAL D.P.R. 600/73, né prevedibile da alcuna altra norma, né tanto meno da modi comportamentali corretti e rispettosi della dignità dell’individuo. La motivazione dell’Ufficio
è pretestuosa, inesistente, invalida, viziata, inesatta. E’ quindi, evidente che la validità degli atti cessa quando la motivazione non c’è o è
carente o è apparente, o infine è insistente. Invero, l’Ufficio (pag.5) dice “ pertanto, per quanto suesposto, si determina il reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2004, ex art. 39, 1° comma, lett. d) del D.P.R. 600/73, così come segue …” Se le regole e le norme da osservare nella fattispecie sono quelle dell’art. 39, 1° comma, del D.P.R. 600/73, allora va subito detto che i maggiori ricavi così come determinati dall’Ufficio (ricarico), sono un nulla non configurandosi la presunzione col carattere della gravità, della precisione e della concordanza. La conseguenza è nella
nullità degli atti. Come ha ribadito la Commissione Tributaria Regionale di Bari, Sez. 7, Sentenza n. 103 del 26 giugno 1999, “Il meccanismo dell’induttivo, non può essere utilizzato in ogni e qualsiasi situazione, ma solo in presenza di determinati presupposti che ne condizionano la validità sul piano normativo. Inoltre è altrettanto noto che l’atto conclusivo della procedura di accertamento, che manifesta all’esterno l’esercizio del potere impositivo della Pubblica Amministrazione, deve essere sorretto da idonea e congrua motivazione perchè possa ritenersi garantito il pieno e puntuale esercizio del diritto di difesa del contribuente. Se la presunzione non ha i connotati previsti dalla legge non può racchiudere
gli ulteriori caratteri della gravità, precisione e concordanza indicati in modo espresso dall’art. 39, comma 1, del D.P.R. 29.9.1973,
n.600. La motivazione risulta, altresì, inidonea poichè per il procedimento di controllo, assume rilevanza la fase del contraddittorio con il ontribuente, che, come avverte la Circolare Ministeriale 157/E del 7.8.2000, consente agli uffici fiscali di conoscere e considerare le specifiche caratteristiche dell’attività esercitata e di adeguare il risultato dell’applicazione dei parametri (studi di settore) alla particolare situazione dell’impresa o della professione esercitata. La stessa Circolare 157/E prosegue, affermando che: “ Gli Uffici dovranno attentamente valutare i fatti e le circostanze rappresentati dal contribuente, al fine di pervenire alla definizione dell’accertamento in sede amministrativa”.
L’avviso di accertamento in genere va motivato sotto due profili concettualmente e giuridicamente distinti: da un lato occorre giustificare l’esistenza dei presupposti che legittimano l’accertamento induttivo, dall’altro devono essere indicate le ragioni che supportono i calcoli
effettuati per la determinazione del maggior reddito. L’obbligo di una adeguata motivazione degli atti amministratrivi che incidono su situazioni giuridiche soggettive ( qualificabili vuoi come diritti soggettivi vuoi come interessi legittimi) del contribuente, costituisce un principio generale del nostro Ordinamento Giuridico, come tale applicabile anche nel sistema normativo tributario, nonchè un principio di civiltà giuridica tendente a salvaguardare la fondamentale ed insopprimibile esigenza di circondare la sfera patrimoniale del contribuente di un adeguato strumento di garanzia, consentendo il controllo giurisdizionale dei limiti legali del potere di imposizione ( così Cass. 10.1.1973, n.24, Corte Cost. 8.2.1966, n.7 e Cons. di Stato 30.4.1966) ed assicurare, quindi in ogni caso al contribuente, di fronte alla pretesa tributaria una difesa adeguata delle proprie ragioni ( Cass. 26.10.1988, n. 5783; 13.7.1989, n.3285; 20.11.1989, n. 4966). Un sensibile rafforzamento della tutela della posizione del contribuente discende dalla previsione dell’art. 3 della Legge n. 241 del 1990, che ha generalizzato l’obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti amministrativi. Il comma 3 del citato art. 3 precisa che la stessa motivazione deve estendersi ai presupposti di fatto ( indicazione dei fatti, degli atti, degli elementi, delle circostanze che, in quanto preesistenti all’esternazione della volontà amministrativa, sono stati oggetto di valutazione o comparazione) ed alle ragioni giuridiche ( indicazioni delle argomentazioni in punto di diritto, a fondamento dell’atto, quali indicazioni legislative, regolamentari, giurisprudenziali o anche dottrinali) che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, norma ripresa integralmente nell’art. 7 della Legge 27.7.2000,n. 212 ( Lo Statuto del contribuente). E allora dinanzi a così tanta chiarezza operativa perché l’Ufficio fiscale si assenta dai suoi doveri ?. E’ chiaro, quindi, che la semplice citazione nell’accertamento di una o più norme regolatrici del sistema tributario, unitamente alla replica alle memorie del contribuente, in mancanza di idonea indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, nonchè degli elementi oggetto di calcolo, non può mai costituire “motivazione”. L’Ufficio nella motivazione si limita a contrastare (ignorare) (atteggiamento negativo) le ragioni per le quali il contribuente non può aver raggiunto l’ammontare dei ricavi indicati nello studio di settore. L’attività contrastante dell’Ufficio non è qualificabile “MOTIVAZIONE” ma attività di chi riveste il ruolo impositivo esecutivo sul contribuente; ruolo che, in questo caso, è stato svolto dall’Ufficio con scarsa capacità valutativa, di discrimine tra vero ed attendibile e falso e senza “contatto” con il contribuente. Non serve a nulla quindi reprimere, non ammetterle perché ignorate, non valutare, irragionevolmente le ragioni del
contribuente che ha riferito all’Ufficio e chiesto di tenere conto nella valutazione ed esame obiettivo della posizione soggettiva, perché tanto è stato detto e provato e che ora sono sottoposti al vaglio di Codesta On.le Commissione: Dalle memorie in risposta all’invito, all. 3: “…ritiene
dover illustrare l’andamento economico dell’attività d’impresa e fornire le notizie, specie quelle di natura commerciale, riguardanti i ricavi d’esercizio. Preliminarmente ritiene che nel caso di specie, l’accostamento ricavi da studi di settore ai ricavi dichiarati dalla società non trovi conferma nel sistema accertativo, poiché già da una prima analisi del meccanismo studi di settore così come congegnato, emerge immediatamente il suo maggior punto critico: qualsiasi procedura di determinazione induttiva del reddito, compresa quella che si basa sulle più raffinate e sensibili architetture statistiche, non potrà mai tenere conto di tutti i fattori che influenzano direttamente o indirettamente la capacità produttiva del contribuente, né determinare, rispecchiare, la realizzata effettiva situazione reddituale del soggetto campionato.
Gli studi di settore trovano applicazione quale strumento indiziario in tutte le situazioni di “ normalità economico-operativa “, mentre non lo è in presenza di fattori aziendali non previsti e non prevedibili dalla norma tributaria, che, necessariamente, vanno lasciati alla valutazione, apprezzamento e decisione del titolare del procedimento cognitivo. Espone La società xxxx S.r.l. è un soggetto fiscalmente trasparente, basti allineare tutti gli esercizi di vita per subito rendersi conto che non sono riscontrabili fatti tali che conducano ad evidenziare presunzioni semplici di possibili maggiori ricavi. La sola vera e reale rappresentazione di questa società è assai semplice e sta nell’inesorabile declino di una azienda che lavora artigianalmente e che per molteplici ragioni ha visto anno dopo anno decrementare il volume dei ricavi. Già da oltre 15 anni i costi
aziendali risultano in eccesso rispetto ai ricavi fruibili dal mercato:
La manodopera con salari ed oneri sociali, sono fuori budget;
- Parte degli ammortamenti delle strutture non sono più assorbiti dai ricavi;
- Gli oneri finanziari sono troppo alti ( la società è costretta a ricorrere al credito bancario);
- I ricavi sono insufficienti per sostenere i suddetti costi fissi.
La società è stata salvata una prima volta nel 1997 eseguendo l’aumento del capitale sociale sottoscritto e versato da nuovi soci ed ha usufruito di versamenti in conto aumento capitale sociale dei nuovi soci negli anni successivi, ma tutto ciò non è bastato perché la società si riprendesse a pieno regime. Il segmento di mercato in cui da sempre la xxxxx S.r.l. è collocata è fermo da anni e non da segni di ripresa (livello medio-alto).
L’aspetto finanziario della società è sempre stato assai critico e compromesso e lo è ancora oggi, tant’è che per il giorno 02 luglio 2009 è stata indetta l’assemblea straordinaria presso il notaio per deliberare un ennesimo aumento di capitale sociale; fatto che se non avverrà la società xxxxxxxS.R.L. dovrà ricorrere a procedure concorsuali. Alla luce delle chiare e verificabili motivazioni innanzi esposte, il sottoscritto contesta in toto
l’assunto secondo il quale “l’applicazione degli studi di settore consente di determinare i ricavi fondatamente attribuibili ai singoli contribuenti tenendo conto delle caratteristiche strutturali dell’attività svolta e dell’ambiente economico in cui il contribuente opera”, se la determinazione non è supportata da elementi certi, riconducibili al soggetto passivo d’imposta e che consentano all’Amministrazione di enunciare presunzioni semplici, purchè gravi precise e concordanti”. Bene, con riferimento all’aumento del capitale sociale annunciato nelle memorie previsto per il giorno 03.07.2009, si conferma che l’assemblea si è regolarmente tenuta ed è stato deliberato l’aumento del capitale sociale. Si è salvata ancora una volta la società (all. 4), ma non perché l’azienda produce reddito, ma perché i soci di maggioranza intervenuti al salvataggio, che già in passato, hanno versato centinaia di migliaia di euro, si prefiggono l’obiettivo di salvaguardare l’investimento effettuato e/o sperando che si riprenda il
mercato o, infine, di cedere in qualche modo l’attività societaria. Dalla lettura dell’atto si evince che l’aumento del capitale sociale ha comportato per i soci fondatori la riduzione della quota di partecipazione al capitale non avendo potuto sottoscrivere e versare la quota di propria competenza per mancanza di risorse, ma pur di salvare la “creatura” e tutti i lavoratori dipendenti della società, si sono sottoposti all’ennesimo sacrificio. Con ciò si vuole affermare che L’AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE NON E’ “FASULLO” perché se così fosse stato molto probabilmente i soci zzzz avrebbero tirato fuori i soldini e sottoscritto l’aumento ( per intenderci le risorse che secondo l’ufficio la società avrebbe sottratto a tassazione e non solo al fisco ma anche ai soci di maggioranza “xxxxxxxxxxxxxxx” !- per fortuna questi non hanno dubbi sulla corretta gestione aziendale condotta dall’amministratore unico xxxxxxxxxxxxs xxxxxx-). Per la xxxxxxS.r.l., un tempo una delle migliori aziende artigiane nel settore della falegnameria, gli anni 90 rappresentano il periodo più nero perché comincia la fase di declino e con esso i problemi finanziari, avendo negli anni precedenti effettuato notevoli investimenti in immobilizzazioni fisse. La crisi ha compresso i ricavi e la società è ricorsa ad una serie di aumenti di capitale sociale per dare ossigeno operativo e coprire le perdite d’esercizio: Assemblea del 12-04.1997 all. 5;
assemblea del 30.03.1999 all. 6; assemblea del 10.06.1999 all. 7; assemblea del 03.07.2009 all. 4.
La mancanza di liquidità stressa l’azienda e chi amministra si angoscia del pari del capo famiglia che già al venti del mese non ha i mezzi ecessari
per acquistare i beni di prima necessità per il soddisfacimento dei bisogni familiari. Dal bilancio societario al 31.12.2004 (all.8) emergono considerazioni che l’Ufficio non coglie ma che si riportano qui di seguito allo scopo di misurare la reale capacità contributiva:
BILANCI AL
VOCE DEL BILANCIO | 31.12.2004(all.8) | 31.12.2008(all.9) | DIFFERENZA | OSSERVAZIONI |
ATTIVITA’ | ||||
Immobilizzazioni | Xx | Xx | -12.172 | |
Attivo circolante | Zzz | Zzzz | +26.513 | Sono aumentati i crediti, compreso quelli incagliati |
Ratei e risconti | Zzz | Xxx | -1.047 | |
TOTALE ATTIVO | +13.294 | |||
PASSIVITA’ | ||||
Patrimonio netto | Xxxx | Xxxx | -41.135 | Evidenzia il progressivo impoverime nto del capitale netto a causa delle perdite. |
Tfr | Zzz | Xxx | +5.41 | |
Debiti | Ccccc | Xxxxx | +53.086 | Evidenzia il costante indebitamento della società. SOLO I DEBITI RAPPRESENTANO l’82,16% DEI RICAVI!!!!! |
Ratei e risconti | Ccc | zzz | -4.068 | |
TOTALE PASSIVO | Xxxx | Xxxxx | +13.294 |
Con la tabella si fornisce ampia prova e dimostrazione che la società sta galleggiando per due ragioni:
- Speranza che vi sia una ripresa di mercato( ma che di fatto ancora oggi non si intravedono segnali incoraggianti)
- Trovare un terzo che acquisti il capannone e cessare l’attività.
I soci sono consapevoli delle due possibilità. QUESTI SONO FATTI CONCRETI E VERI ( la vita quotidiana ) E NON GLI ACCERTAMENTI, IN VERITA’ IRRITUALI, INFONDATI ED ILLEGITTIMI CHE L’UFFICIO EMANA AL SOLO ED UNICO SCOPO DI FARE CASSA. Se il capitale sociale è stato azzerato e ricostituito o aumentato (all. 4-5-6-7) nelle date 03.07.2009, 30.04.1999, il 10.06.1999, il 12.04.1997, e nonostante ciò il Patrimonio netto al
31.12.2008 è ulteriormente diminuito rispetto al 31.12.2004, come è possibile sostenere seriamente ed essere convinti che il soggetto d’imposta abbia una maggiore capacità contributiva di quella dimostrata senza almeno arrossire?. xxxxxS.r.l. , da anni, è un soggetto con ridottissima capacità economica. B) Se l’Ufficio ha accertato in base all’art. 39, comma 1, lett.d) del D.P.R. 600/73, come sostiene, ha omesso di provare l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili. Se l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate le ha desunte sulla base di presunzioni semplici, allora queste DEVONO ESSERE GRAVI, PRECISE E CONCORDANTI,
ma l’Ufficio non ne da prova ed il richiamo agli studi di settore è ininfluente. Per questa via l’accertamento è nullo perché le presunzioni semplici di cui agli studi di settore, –ancorché adottati dall’Ufficio come mezzo di prova dei presunti maggiori ricavi , di cui all’art. 62 sexies, 3° comma, del D.L. 30.8.1993, n.331-, devono rivestire il carattere della gravità, precisione e concordanza, e quindi in assenza di CONTRADDITTORIO ed
approfondimento dell’attività, con riguardo alla specificità ed ordinarietà del soggetto contribuente in fase pre-accertamento, le risultanze degli studi di settore NON HANNO ALCUNA VALENZA PROBATORIA, NEPPURE COME DATO INDICATIVO, E MEN CHE MAI POTRANNO ESSERE
UTILIZZATE PER DETERMINARE QUALSIVOGLIA RICAVO. Se poi l’accertamento lo ha congegnato secondo l’art. 62 sexies, 3° comma, del D.L. 30.08.1993, n. 331, ( ma non lo ha detto), ( fermo restando che essendo le presunzioni semplici queste devono essere gravi, precise e concordanti) allora deve provare già in fase pre-accertamento, a pena di nullità dell’atto, la “GRAVE INCONGRUENZA” passando dal CONTRADDITTORIO che non HA TENUTO. Quanto alla prova, vertendo in tema di presunzioni semplici è l’Ufficio che deve provare l’esistenza di attività non dichiarate e non il contribuente, il quale, durante l’esercizio, a mezzo delle scritture contabili ed i libri sociali, fotografa giornalmente gli accadimenti aziendali e si costituisce istantaneamente la prova delle proprie attività, nè più nè meno, osservando due leggi cardine del diritto tributario: il D.P.R.22.12.1986 n. 917 e il D.P.R. 29.9.1973, n. 600, ed ovviamente conservando almeno per 10 anni tutta la documentazione. VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO – ART. 5 DEL D.LGS. 19.06.1997, N. 218. L’Amministrazione Finanziaria ha previsto l’invio al contribuente di un invito al contraddittorio contenente “ gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento al fine di pervenire alla
definizione” ( Circ. Del Ministero delle Finanze n. 110/E del 21.6.1999- punto 7). In tutte le circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate, e da ultimo la 5/E/2008, in tema di accertamento da studi di settore è sempre stata vivamente consigliata agli Uffici, tenendo conto delle
disposizioni che regolano il procedimento di accertamento con adesione, la procedura di invitare preventivamente il contribuente per il contraddittorio, prima di procedere con l’accertamento effettivo. Riesce difficile comprendere come mai l’Ufficio di Gioia del Colle non si attiene alle disposizioni impartite dalla propria Direzione Generale!. Il contraddittorio è sempre obbligatorio; lo dispone l’art.10, comma 3 bis della L. 8.5.1998, n.146 nel dettare le “ modalità di utilizzazione degli studi di settore “ nell’attività di accertamento per la via dell’art. 39, primo comma, lettera d) del D.P.R. 29.9.73, n.600. Il contraddittorio è fase insopprimibile atteso che il contribuente potrebbe definire l’accertamento avvalendosi delle disposizioni sull’accertamento con adesione, come da previsioni del D. Lgs. 19.6.1997, n. 218. Assume, quindi, rilevanza la fase del contraddittorio con il contribuente, e le osservazioni formulate dai contribuenti nel corso del contraddittorio dovranno essere
attentamente valutate, così come dovranno essere adeguatamente motivati sia l’accoglimento che il rigetto delle stesse.
Con riferimento agli studi di settore, va comunque rilevato che la Corte conferma la natura di atti amministrativi generali di organizzazione rivestita dagli studi, i quali non possono ritenersi sufficienti affinchè l’Ufficio effettui l’accertamento. Occorre, secondo la Sentenza
n. 17229/06, che l’attività di accertamento conseguente anche agli studi di settore sia completata dal principio generale del giusto procedimento, cioè consentendo al contribuente di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire il Giudice Tributario. Il rispetto della procedura incardina il giusto procedimento che è lo strumento idoneo per assicurare un raffronto tra
gli interessi coinvolti ed per accogliere la dialettica, necessari per l’osservanza delle regole e l’instaurazione di un rapporto trasparente tra
Erario e cittadino contribuente. Quando l’Ufficio ignora questa proposizione prescrittiva regola è inevitabile il verificarsi del danno morale e materiale per il soggetto passivo d’imposta. Se poi viene a mancare del tutto il contraddittorio, non può che constatarsi la nullità degli accertamenti per effetto della legge 311/2004 che ha introdotto il nuovo comma 3 bis all’art.10 della legge n. 146/1998 dal carattere imperativo; ( Corte di Cassazione Sentenza n. 17229 del 28.7.2006 e Sentenza n. 11/12/2007 del 20.2.2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari.).
- INCOMPATIBILITA’ DELLO STRUMENTO STUDI DI SETTORE CON IL SISTEMA DI ACCERTAMENTO ACCOLTO DAL LEGISLATORE DELLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1971.
Il sistema di accertamento del reddito e del volume dei ricavi per gli imprenditori commerciali e gli esercenti arti e professioni, quale emerge dal
tessuto normativo della riforma tributaria del 1971, appare caratterizzato: a) dall’estensione di obblighi formali, di carattere strumentale rispetto al prelievo, a tutti i soggetti rientranti nelle citate categorie; b) dalla molteplicità di tali obblighi e dalla rigidità della loro disciplina, al fine di pervenire a dati numerici precisi; c) dalla previsione di sanzioni elevate in caso di violazioni di obblighi formali allo scopo di assicurare il loro adempimento, considerato essenziale ai fini dell’accertamento; d) dall’attribuzione di rilevanza preminente alla regolare tenuta della contabilità, sì da potersi ritenere che essa fa prova a favore del contribuente; e) dalla circostanza che, ai fini dell’accertamento di
un maggior reddito o di un maggior volume d’affari rispetto ai dati dichiarati, incombe sul Fisco l’onere di fornire le prove in contrasto con le risultanze contabili. Se tale è il sistema di accertamento voluto dal legislatore della riforma del 1971, il meccanismo degli studi di settore si presenta come un corpo estraneo, inconciliabile con la logica che ha ispirato le norme emanate negli anni 1972/1973, tuttora vigenti nel loro impianto originario, ovvero IL LEGISLATORE NON NE HA ANCORA DECRETATO IL CLASSAMENTO A CARTA STRACCIA.
FALSA ED ERRONEA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 39, COMMA 1 LETT. d) D.P.R. N.600/73, 55 D.P.R. 633/72 E 62 SEXIES DEL D.L. 30.08.1993, N. 331.
1) La trattazione congiunta dei succitati articoli è necessaria per esprimere e coordinare, sperando di farlo bene, il dettato normativo secondo il
pensiero del Legislatore e la sua interpretazione logico-sistematica. L’eccezione a seguire sostiene la tesi, seconda parte, di cui al primo punto
del merito. L’art. 62-sexies del D.L. 331/1993, dispone che gli accertamenti analitico-induttivi ( art. 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. 600/73) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche
e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore. La norma richiama gli accertamenti disciplinati all’articolo 39, comma 1, lettera d) del D.P.R. 600/1973, che possono essere effettuati sulla base di presunzioni semplici, purchè queste
risultino gravi, precise e concordanti. In termini pratici ciò significa che ogni qualvolta l’Ufficio intenda procedere ad accertare i
maggiori ricavi in base alla norma succitata, deve (recita la norma 3° comma art. 62-sexies) preliminarmente dimostrare-provare la grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e QUELLI DESUMIBILI DALLE CARATTERISTICHE E DALLE CONDIZIONI DI ESERCIZIO DELLA SPECIFICA ATTIVITA’ SVOLTA DAL CONTRIBUENTE (indagine che va condotta rigorosamente per valutare bene ed appieno le condizioni effettive di
esercizio dell’attività dell’impresa e quanto dichiarato nel presupposto di fatto che il soggetto passivo d’imposta agisce in BUONA FEDE) e, una volta evaso questo primo esame, se ritiene di seguire altra via, pur sempre in via residuale può passare agli studi di settore; ma, attenzione, NON DEVE OMETTERE IL CONTRADDITTORIO, il quale non solo è obbligatorio, ma è necessario quanto opportuno al fine di capire, conoscere la realtà operativa del soggetto passivo accertato e, ricorrendone i presupposti, addivenire anche ad una soluzione di adesione.
2) Se, invece, l’Ufficio, come riferisce nel suo atto amministrativo, procede per la via dell’art. 39, 1° comma, lett. d) del D.P.R. 600/73, deve:
- Assicurarsi di provare l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza egli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati nell’ispezionare le scritture contabili, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili;
- Desumere, anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti, L’ESISTENZA DI ATTIVITA’ NON DICHIARATE O LA INESISTENZA DI PASSIVITA’ DICHIARATE. Ora, nessuna delle due citate condizioni è stata soddisfatta per la semplice ragione che l’Ufficio non ha mosso alcuna contestazione in ordine all’amministrazione societaria ed ha determinato i maggiori ricavi mediante l’applicazione al costo di produzione della percentuale di RICARICO ( 18,73%) ottenuta dalla media di due precedenti esercizi, ovvero 2002 e 2003, vale a dire SU DATI NOTI DICHIARATI DALLA SOCIETA’ e quindi pervenendo ad altro dato frutto di una
operazione aritmetica. E’ evidente che l’operato dell’Ufficio è infondato ed illegittimo in quanto contrario al normale impiego delle norme, perché, arbitrariamente, costruisce un accertamento straordinariamente confuso, spoglio di qualsiasi supporto normativo e procedurale, privo di qualsivoglia prova, anche la più elementare, dell’esistenza di attività omesse, falsamente ideologico, invasivo per il contribuente essendo chiamato a dover reperire mezzi finanziari che non ha e che anzi è alla continua ricerca dal oltre 15 anni; insomma trattasi di atto mirato solo a fare CASSA e minare il rapporto con il contribuente. Mentre Giurisprudenza, Amministrazione e Dottrina sono ormai, a ragion veduta, concordi nel riconoscere agli studi di settore il carattere della presunzione semplice. La Sentenza 2891/2002
della Corte di Cassazione ( ha precisato che per legittimare un accertamento di tipo analitico-induttivo non è sufficiente la mera applicazione matematica degli studi, ma occorre che le loro risultanze siano confortate da altri indizi), così come le Commissioni Tributarie Provinciali (Macerata, Milano, Lucca), e la CTR Puglia, Sentenza 19.5.2006, n.42/1/06 e molte altre. L’autore BENEDETTO SANTACROCE, già in il Sole 24 Ore del 7.2.2000, scriveva: “”I parametri e gli studi di settore, ai sensi del combinato disposto degli articoli 62 bis e 62-sexies del Dl 331/93, costituiscono specifici strumenti di accertamento idonei ad aiutare l’A.F. a rettificare le gravi incongruenze
mascherate dalla correttezza formale delle scritture contabili. Questi strumenti, anche se con un livello di affidabilità e di sofisticatezza diversa, possono condurre alla realizzazione di rettifiche di natura analatica presuntiva. D’altro canto, bisogna rilevare che la formulazione
delle norme citate non consente di affermare, in senso assoluto, che il semplice scostamento dagli studi di settore ovvero dai parametri possa essere di per sè sufficiente a configurare quelle “ gravi irregolarità” che possono essere alla base di un qualsivoglia accertamento fiscale. Conferma in tal senso è rilevabile dall’art. 10 della legge 146/98 che, in materia di accertamento, fa sempre ed unicamente riferimento agli accertamenti analitici basati su elementi presuntivi di cui all’art. 39, 1° comma, lettera d) del D.P.R. 600/73. Evidentemente il legislatore richiamando la particolare norma si è reso conto della portata limitata dei particolari meccanismi e ha voluto intendere che gli studi e i parametri costituiscono elementi motivazionali importanti per infrangere la perfetta correttezza contabile, ma non sono di per sè idonei a
consentire un accertamento vero e proprio se esso stesso non viene suffragato da ulteriori elementi di natura analitica che vengano ritrovati attraverso l’analisi delle scritture ovvero attraverso l’esperimento e la realizzazione di controlli indiretti di altro genere esperiti in sede di accertamento con adesione. Lo stesso Ministero delle Finanze, illustrando la portata della riforma connessa all’introduzione dei nuovi strumenti di accertamento presuntivo, nella Circolare 110/E del 21.5.1999, ha sottolineato con chiarezza che la naturale conclusione delle specifiche procedure di controllo è rappresentata non tanto dall’avviso di accertamento, ma dall’istituto dell’accertamento con adesione.Istituto che consente la creazione di un contraddittorio con il contribuente e offre a quest’ultimo di addurre diversi tipi di giustificazione. Proprio alle giustificazioni il Ministero delle Finanze dedica un’ampia parte del suo intervento. Così facendo, da una parte, vuole convincere i contribuenti della flessibilità del particolare strumento e, dall’altra, implicitamente ammette, l’efficacia limitata connessa agli studi di settore. Circa gli inviti ed il contraddittorio con l’Ufficio, anche la Circolare n. 203/E del 20 ottobre 1999, ha ribadito che in
detta fase è possibile correggere i dati esposti nella dichiarazione originaria, possono essere portate prove e giustificazioni sufficienti a dimostrare la non applicazione dei parametri; insomma il contraddittorio consente una più ragionata e fondata misurazione del presupposto impositivo, che tenga conto degli elementi di valutazione offerti dal contribuente, con il primario obiettivo di pervenire alla definizione della posizione in sede amministrativa attraverso l’istituto dell’accertamento con adesione. Infine, l’Ufficio deve tener conto delle ragioni evidenziate dal contribuente, motivando negli atti l’accoglimento ovvero il rigetto delle stesse. ( C.M. 3.10.2000, n. 175/E/2000/195719, paragrafo 4.3., ultimo comma ). L’obiettivo prioritario deve essere quello di definire con l’adesione del contribuente. Come precisa lo stesso Ministero delle Finanze nel paragarfo 4.3 “ contraddittorio” della Circolare 157/E del 7.8.2000, il risultato dei parametri non deve prescindere dal considerare la peculiarità dell’attività svolta in concreto e, perciò, deve tenere conto della particolare situazione dell’impresa o della professione esercitata. Nessun strumento induttivo,
siano essi i parametri o gli studi di settore, può obbligare il contribuente a dichiarare più di quanto effettivamente incassa, nè laddove la norma consente di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili e di avvalersi anche di presunzioni prive di “ gravità, precisione e concordanza”, deve essere pur sempre interpretata come norma volta a determinare la capacità contributiva del singolo contribuente sulla base di argomentazioni logicamente attendibili, non già a consentire che tali particolari modalità accertative siano utilizzate per determinazioni non accurate o addirittura per punire il contribuente. Il contribuente ha prodotto
esaustiva memoria eplicativa contenente i motivi e le prove dei ricavi effettivi conseguiti. Già in presenza di questi elementi e l’inabilità conseguente alla mancata ultimazione di atti precedenti l’emissione degli atti di accertamento, rendono gli accertamenti privi di qualsiasi motivazione. Ne consegue la nullità degli atti. - INFONDATEZZA DELL’ACCERTAMENTO–DISAPPLICAZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE ANCHE SE UTILIZZATI AL SOLO FINE
DI CONOSCERE I RICAVI TEORICI. L’accertamento non comprende gli studi di settore, non indica e non spiega quali variabili siano state considerate, nè indica il gruppo di appartenenza, nè i coefficienti impiegati. Il contribuente subisce l’insieme dei calcoli senza conoscerli e quindi poter verificare. Fatto questo di inaudita gravità ove si consideri, ulteriormente, che l’art. 42 del D.P.R. 29.9.1973, n.600, al secondo comma, sancisce che l’atto di accertamento è nullo se in esso manca l’indicazione delle aliquote applicate e delle imposte liquidate. Si aggiunga infine che all’accertamento non è stato allegato il Decreto indicante le modalità con cui si perviene al nuovo risultato, motivo per il quale si chiede la disapplicazione degli studi di settore. Facendo riferimento ad alcuni di questi fattori, i giudici tributari hanno recentemente emanato una serie di Sentenze che, accogliendo le ragioni del contribuente,
hanno negato l’automatica applicazione delle risultanze matematiche da studi di settore. L’Ufficio non può fondare un avviso di
accertamento del maggior reddito esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore poichè è necessario che verifichi sempre se detto strumento matematico-statistico di determinazione dei ricavi risulti affidabile rispetto alla particolare situazione in cui opera l’azienda sottoposta a verifica e, soprattutto, con il conforto di ulteriori elementi di prova”. ( Cassazione Sent. 18983 del 7.6.2007 e CTP di Bari, sezione VIII, 11.9.2006, n.113). Si deduce, infine, che se i risultati degli studi di settore sono importanti e gravi rispetto ai ricavi dichiarati, possono essere assunti quali elementi ( indizi) ai fini degli accertamenti analitici-induttivi di cui all’art. 39, 1 comma, lett.d), D.P.R. 29.9.73, n.600, il quale resta l’unico metodo previsto dalla legge. La CTR di Bari, Sez. I, 24/8/2006, n. 67, chiarisce che i parametri o studi di settore non possono costituire essi stessi elementi sufficienti a motivare l’accertamento ma sono unicamente semplici indizi che, unitamente e a completamento di altri elementi acquisiti dall’Ufficio, possono tutt’insieme generare presunzioni semplici aventi i
caratteri della gravità, precisione e concordanza ( CTR di Bari, Sez.I, 19.5.2006, n.42 ). La CTR di Bari, sez. VII, 9.5.2006, n.150, ha
stabilito che l’accertamento del maggior reddito non può fondarsi sulla mera differenza tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione dei parametri ( o studi di settore rappresentando quest’ultimi l’evoluzione dei parametri) specie quando, il procedimento di determinazione presuntiva dei maggiori ricavi è inficiato da errori materiali. Prosegue la Sentenza attestando che nell’accertamento devono essere indicati i presupposti di fatto e il ragionamento logico adottato dall’Ufficio alla stregua del quale la stessa determinazione presuntiva ha assunto la natura di presunzione grave, precisa e concordante. In questo senso vds. anche CTR di Bari, 16.2.2006, n.8.
Dell’accertamento se n’è parlato a lungo nei punti precedenti, tuttavia si rilevano, per completezza degli argomenti a difesa, i seguenti aspetti destituti di ogni fondamento: Pag. 3, 1° periodo– L’Ufficio afferma che “lo studio di settore” determina il ricavo non dichiarato di € xxxxxxx00 e segnala l’incoerenza dell’indice economico relativo al “ margine operativo lordo sulle vendite”. Si rileva un primo MACROSCOPICO errore nell’affermare che lo studio di settore determina i ricavi; ormai decine e decine di Sentenze, ma anche la stessa Direzione Generale delle Entrate, ci insegnano che lo studio da solo non determina proprio nulla. Poi, su tre indici economici degli studi di settore due sono coerenti ed uno, quello del margine operativo lordo non lo è, ma di quanto è presto detto:
Nome indice |
Calcolato | Minimo | Massimo | Livello di coerenza |
Margine operativo lordo |
16,59 | 16,82 | 78,67 | Non coerente |
Differenza | -0,23 | Meno di ¼ di unità !. |
- Pag. 3, 5° periodo, ultimo periodo– “ In definitiva non sembra allo scrivente che la società soffra di eccessivo indebitamento considerato anche che il Patrimonio netto ammonta a € 276.304,00 e che fra le immobilizzazioni materiali sono iscritti al punto B.II.1 dell’attivo patrimoniale terreni e fabbricati per € 521.776,00”. E’ difficile capire cosa voglia dire l’Ufficio, ma una cosa è certa: l’Ufficio non ha saputo leggere il bilancio della xxxxxx S.r.l.. L’indebitamento non è correlato al patrimonio netto della società, mentre, contrariamente al pensiero dell’Ufficio, causa dell’indebitamento può essere l’eccessivo investimento fatto ( magari nei decenni scorsi quando le
cose andavano più o meno bene) in immobilizzazioni; nella fattispecie fabbricato il quale non ha attinenza con la
produzione di ricavi e, nel caso specifico, funge solo da garanzia per gli affidamenti bancari. - Pag. 4, 1° periodo– Scrive l’Ufficio “ Pertanto, le eccezioni proposte risultano in massima parte infondate e comunque sfornite di documentazione probatoria, e quindi…”. E’ bene chiarire che chi sta operando in presenza di presunzioni semplici è l’Ufficio e spetta a questi provare, mentre il contribuente ha costantemente pronte ed a disposizione di chiunque le prove di quanto affermato, ovvero LE SCRITTURE CONTABILI ED I LIBRI SOCIALI OBBLIGATORI, tenuti secondo il dettato normativo, in cui fotografa giornalmente i fatti
amministrativi aziendali. La tenuta delle scritture contabili non è solo “formalmente corretta”, ma è corretta sopratutto perchè rispecchia fedelmente i valori espressi della realtà operativa aziendale. - Pag. 4, 4° periodo– si è detto innanzi che l’azienda per un fatto di moralità e preoccupazione nell’assicurare alle maestranze un posto di lavoro, non ha mai pensato di licenziare pur sapendo che il costo della monodopera, rispetto ai ricavi in costante diminuzione (iniziato al tempo di Mani Pulite), sarebbe aumentato notevolmente ed infatti, dal prospetto del costo di produzione è facile rilevare l’anomala incidenza del costo del personale sui ricavi ( xxxxxxx).
- Pag. 4– tutti i dati numerici sono dati dichiarati dal contribuente e quindi noti all’Ufficio.
- Pag.4- ultimo capoverso-
- Quindi, tenute presenti le indicazioni dello studio di settore relative alla incongruità e alla incoerenza dei ricavi dichiarati… Non è facile capire il significato della frase, tuttavia si ricorda all’Ufficio che l’incongruità e l’incoerenza dei ricavi non è un dato che emerge
direttamente, ma è il risultato dell’operazione differenzale tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore e, ben inteso , dopo aver valutato le caratteristiche specifiche della realtà operativa ( ordinarietà) del soggetto e transitato dal contraddittorio. Ma è fin troppo ovvio che il rapporto Fisco-contribuente debba improntarsi sul trasparente svolgimento dell’attività affinchè si
raggiunga la vera giustizia tributaria. L’operato dell’Ufficio, nel caso in esame, ovvero lavoro svolto a “TAVOLINO”, senza che ci sia stato contraddittorio per lo scambio di dati, notizie, ragioni e motivazioni, mortifica le attesa del contribuente e significa nel 99,99% dei casi stracciare il D.P.R. 600/73, lasciando in piedi solamente gli artt. 39/D.P.R.600 e 62-sexies del D.L. 30.08.1993, n. 331. Troppo poco perchè due articoli con vocazione presuntiva-induttiva possano sostituire in pratica una biblioteca di norme tributarie, un codice civile, un codice penale e relativi codici di procedura. Tenuto conto delle eccezioni riportate nelle memorie difensive, e in base alle risultanze della documentazione esibita, si accertano, in applicazione di presunzioni gravi, precise e concordanti, ex art. 39, 1° comma, lett. D)
del D.P.R n. 600/73 maggiori ricavi non dichiarati di € 30.022,00, applicando al costo tecnico di produzione per il 2004 il ricarico del 18,73%, desunto dalla media delle percentuali riscontrate per il 2002 e il 2003,…. L’Ufficio accerta in applicazione di presunzioni (non provate)…? , …applicando …il ricarico desunto dalla media delle percentuali 2002-2003 . Vuol dire forse l’Ufficio che ha accertato ricorrendo a presunzioni su presunzioni (multiple)?.
- Quindi, tenute presenti le indicazioni dello studio di settore relative alla incongruità e alla incoerenza dei ricavi dichiarati… Non è facile capire il significato della frase, tuttavia si ricorda all’Ufficio che l’incongruità e l’incoerenza dei ricavi non è un dato che emerge
- Pag.5– Conclude l’Ufficio “ pertanto, per quanto suesposto, si determina il reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2004, ex art.
39, 1° comma, lett. D) del D.P.R. 600/73, così come segue:…” L’applicazione di una percentuale ottenuta dalla media di due precedenti, dando per certo, sicuro, irrinunciabile, l’avveramento dell’enunciazione, NON COSTITUISCE AFFATTO ALCUNA PRESUNZIONE, NEPPURE
SEMPLICISSIMA, ma assunzione imperativa di un concetto da applicare coercitivamente al costo del venduto gravando il contribuente-suddito dell’onere finanziario, dimenticando le garanzie che lo stesso ordinamento tributario pone a garanzia del contribuente, anche in autotutela, non tralasciando lo statuto del contribuente. - Pag.10– E’ stata irrogata la sanzione n. 4 per irregolare tenuta, conservazione, rifiuto di esibire, dei registri di cui agli artt. 23-24-25-39, ai sensi dell’art. 9, comma I e III, D. Lgs. 18.12.97 n. 471. E’ illegittima in quanto nessun rilievo è stato formulato dall’Ufficio in merito a tale aspetto. L’Ufficio ha avuto a disposizione l’intera contabilità dell’anno 2004.
FALSA ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 2729 DEL C.C.- PRESUNZIONI SEMPLICI. INESISTENZA DEL COLLEGAMENTO TRA FATTO NOTO E FATTO IGNORATO.
In tema di studi di settore la norma primaria resta l’art.62 sexies del D.L. n. 331 del 30.08.1993, converito in L. n. 427/93, che al comma terzo stabilisce che gli accertamenti analitico-induttivi di cui all’art.39, primo comma , lett. d) del D.P.R. n. 600/73, che richiedono tassativamente le presunzioni semplici, possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ( Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, sentenze n. 17229/2006, n. 2380/2006, n. 9135/2005, n. 9946/2003 e n. 13995/2002) e di merito che sino ad oggi si è interessata della questione, ha ribadito il concetto che in tema di studi di settore le presunzioni sono sempre semplici, senza inversione dell’onere della prova a danno del contribuente, ed inoltre bisogna preventivamente dimostrare le gravi incongruenze, perché da soli gli studi di settore non possono avere alcuna forza accertatrice.
Per come è stato congegnato l’accertamento non si può certamente affermare che l’Ufficio abbia offerto prova degli elementi gravi ( tali cioè da attribuire alla conclusione un carattere di certezza assoluta) né precisi elementi ( il fatto noto deve essere indiscutibile, certo nella sua oggettività, non equivoco, nel senso che pur non escludendo in astratto altre possibilità, sono tali che la conseguenza più probabile è quella indicata dal Giudice), ne concordanti ( cioè convergenti nella dimostrazione dell’esistenza del fatto ignorato). In verità, sarebbe auspicabile un intervento legislativo che chiarisse una volta per sempre che lo studio di settore resta valido come strumento di semplice ausilio per la selezione delle verifiche, senza alcuna influenza, neppure come presunzione semplice, in tema di accertamento.
Dal momento che sia l’art. 62 sexies, 3° comma, D.L. 331/93, che l’art. 39, lett. d), 1° comma, DPR 600/73, ammettono le presunzioni
semplici, queste devono essere gravi, precise e concordanti, ma non inteso come fatto formale ma in concreto, ovvero la ricerca della prova a carico dell’Ufficio deve transitare – PREVENTIVAMENTE- dal Contraddittorio, art. 5 del D. Lgs. 19.6.1997, n. 218, per gli studi di settore al fine di individuare e dimostrare la grave incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore, e, relativamente alla criticabilissima procedura del ricarico, “semplice ricarico- mera operazione aritmetica”, dimostrando l’esistenza di attività non dichiarate e l’inesistenza di passività dichiarate pur sempre sulla base di presunzioni semplici purchè gravi precise e concordanti di cui all’art. 39, 1° comma, lett. d) del D.P.R. 600/73. L’Ufficio ha violato il procedimento, il giusto procedimento, un buon procedimento, investendo il soggetto destinatario di infondata ed illegittima attività accertativa, rendendo negativo il rapporto sociale. L’errata impostazione e procedura esecutiva ha leso il diritto di difesa procurando non pochi problemi finanziari all’accertato, che già tanti ne ha. Ha, cioè, già leso la sfera patrimoniale del soggetto.
- VIOLAZIONE DELLA CAPACITA’ CONTRIBUTIVA- ART.53 DELLA COSTITUZIONE.
L’accertamento, da subito, genera in favore dell’Amministrazione il credito per l’iscrizione a ruolo delle maggiori imposte accertate, indipendentemente dal percorso giurisdizionale e costringe il destinatario ad impegnare somme che non sempre è agevole reperire. Se poi l’accertamento è infondato ed illegittimo si dovesse rendere definitivo o comunque negativo per il contribuente, allora si verificherebbe un evidente contrasto con il principio di capacità contributiva. Laddove la norma consente di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scrittue contabili ( art. 39, 2° comma del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 – e non è il nostra caso -) e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, deve essere pur sempre interpretata come norma volta a determinare la capacità contributiva del singolo contribuente sulla base di argomentazioni logicamente attendibili e di elementi e circostanze di fatto certe, non già a consentire che tali particolari modalità accertative (induttivo puro) siano utilizzate per determinazioni non accurate o addirittura per punire il contribuente.
VIOLAZIONE STATUTO DEL CONTRIBUENTE L. 27/07/2000, N. 212 IN ATTUAZIONE DEGLI ARTT. 3, 23, 53 E 97 DELLA COSTITUZIUONE. Durante il ricorso si sono evidenziate le ripetute violazione commesse dall’Ufficio, riferite ai quattro articoli costituzionali i
quali, con il resto della Legge, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario. Lo Statuto non è una Legge formale che può essere disattesa sistematicamente dall’Ufficio. Riducendola ai minimi ed essenziali termini per la comune applicazione, vuol dire “RISPETTO DELLE NORME”, anche comportamentali, a cui l’Amministrazione Finanziaria deve uniformarsi.L’art. 7 dello Statuto richiede “ Chiarezza e motivazione
degli atti “ secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, che deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato l’Ufficio ad adottare un determinato atto.
Non sembra, quindi, che l’Ufficio abbia tenuto un corretto comportamento dal momento che già nell’invito (all. 1) ( in presenza di
soggetto IRES, società a responsabilità limitata) richiede dati ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, “ Rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche” e come tale norma da applicare tassativamente alle solo persone fisiche e mai alle società di capitali.
Non sembra, altresì, corretto impastare l’art. 39 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 con l’art. 62 sexies del D.L. 30.8.1993, n.331.
Se proprio non ne può fare a meno, e laddove ricorrano, ben inteso, tutti i presupposti giuridici in fatto ed in diritto, è poi così difficile emettere un atto di accertamento chiaro, contenente la motivazione della sua emissione?.
AVVISO DI ACCERTAMENTO NOTIFICATO AL RAPPRESENTANTE LEGALE. .Il ricorrente rappresentante legale della società xxxxxxxxS.r.l. contesta integralmente l’atto ed adduce a difesa le ragioni ed i motivi di contestazione avanzati dalla società xxxxxx S.r.l..
P. Q. M.
Viene a finale considerazione che i due avvisi d’accertamento, uno della S.r.l. e l’altro, copia del primo, notificato al legale rappresentante della società , sono completamente estranei al nostro Stato di Diritto ed al suo Ordinamento Tributario, per violazione di norme Costituzionali, illegittimità, infondatezza, illiceità, abuso, arbitrarietà, e quindi da ritenersi nulli o soggetti a censura di annullamento.Il sottoscritto, richiamando ciascun punto del ricorso,
CHIEDE
A) – che Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale di Bari, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l’annullamento dei due atti per quanto esposto in diritto negli aspetti preliminari del ricorso ed in subordine l’annullamento degli atti
di accertamento, siccome incostitutivi, radicalmente viziati ed illegittimi per violazione di legge, eccesso di potere e carenza di motivazione, nonché infondato in fatto e diritto;B) – l’annullamento delle sanzioni pecuniarie degli atti impugnati.Con vittoria delle spese di giudizio.
Si deposita:
- copia del ricorso consegnato all’Agenzia delle Entrate;
- fotocopia della ricevuta di deposito;
- fotocopia di due atti di accertamento impugnati;
- fotocopia invito n. I0xxxxx09 e relativa busta indirizzata alla xxxxxxR.L.( all.1);
- n. 1 fotocopia verbale di consegna documenti -all.n.2;
- n. 1 fotocopia
delle memori del 29.6.2009 -all.n.3-; - n. 1 fotocopia verbale di assemblea del 3.7.2009-all.n.4 -;
- n. 1 fotocopia verbale di assemblea del 12.4.1997-all.n.5;
- n. 1 fotocopia verbale di assemblea del 30.3.1999-all.n.6;
- n. 1 fotocopia verbale di assemblea del 10.6.1999-all.n.7;
- n. 1 fotocopia bilancio al 31.12.2004 – all.8;
- n. 1 fotocopia bilancio al 31.12.2008 all.9;
Putignano, 01.12.2009
Con Ossequio
Il difensore abilitato
_____________________
Rag. Tonio Detomaso
Procura speciale
Il sottoscritto xxxxx, in questo atto prima compiutamente generalizzato, per suo personale nome e conto e per conto della xxxxxxx S.r.l. da lui già rappresentata, società già corrente in Putignano (Ba), in via xxxxxxx;
DELEGA
a rappresentarlo ed a rappresentare la xxxxx S.r.l., già corrente in Putignano (Ba), a difenderli in tutte le sue fasi di ogni stato e grado del presente giudizio fiscale, il Rag. Tonio Detomaso, conferendogli ogni e più ampio potere, ivi compreso quello di conciliare, di farsi sostituire in udienza o altrove, di nominare coadiutori e assistenti in giudizio, di rinunziare al ricorso e agli atti, ratificandone sin d’ora l’operato.
Elegge, altresì, domicilio, anche per la indicata S.r.l. ricorrente, presso lo studio del difensore, sito in Putignano (Ba), Via G. Pascoli, n.27/A.
Putignano, li 01/12/2009
Firma del committente e delegante
______________________________ xxxxxxxxxxx
E’ autentica
firma del difensore
____________________________
Rag. Tonio Detomaso
DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’DELLA COPIA DEL RICORSO ALL’ORIGINALE.
Il sottoscritto rag. Tonio Detomaso, in qualità di difensore abilitato della xxxxxxxS.r.l., già da Putignano (Ba) e del rappresentante legale, come sopra costituitisi nella presente controversia, attesta, ai sensi dell’art.22, comma 3, del D.Lgs. 546/1992 e s.m., che questo ricorso è conforme all’originale consegnato all’Agenzia delle Entrate Ufficio di xxxxxx in data __________.
Firma del difensore
______________________
(rag. Tonio Detomaso)