ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI TARANTO
Oggetto: Anno 1995 – IMPOSTA DI REGISTRO ed IMPOSTA CATASTALE.
Agevolazioni fiscali sugli atti pubblici inerenti alla formazione, all’arrotondamento o all’accorpamento della piccola proprietà contadina,
chieste con atto pubblico di compravendita, a rogito del notaio xxxxxxxxxx, da Palagiano (TA), datato 3xx1.1995 ( Rep. N.2×4 – Raccolta n. 22×9 ), registrato al n. 1×10, in data 1xx.1995 a cura dell’Ufficio del Registro di Taranto.
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Ricorso: Avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta – irrogazione delle sanzioni, mod. 16 Mecc (Tasse), n. 951Vzzz410/002/R, datato 5 settembre 2000, notificato a mezzo dei servizi postali il 9zzzx2000, emesso dall’Ufficio del Registro di Taranto.
Ricorrente: MxxxxxRO CxxxxELA MxxA, (Acquirente), nata a xxxssafra (Ta) il 3xxx6 ed ivi residente, Via Bxxxxi n.xx/A coltivatrice agricola, coniugata: C.F. xxxxxxxx
e per suo nome e conto, il difensore tecnico abilitato
Rag. TONIO DETOMASO, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947 con studio Commerciale alla via G. Pascoli, n.27/A, 70017 Putignano (Ba). Codice Fiscale DTM TNO 47P04 HO96B, incaricato, come da procura alle liti, rilasciata a margine di questo atto a cura della ricorrente suddetta Mxxxr Caxxxx Maria, già testè compiutamente generalizzata.
- CON RICHIESTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D. LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M.;
- CON RICHIESTA DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92 ( SENTENZA N. 526 DEL 23.6.1997, DEPOSITATA IL 23.12.1997, DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI SALERNO;
- CON RICHIESTA ALL’UFFICIO DELLA P.A.F. AVVISANTE DI ANNULLAMENTO DELL’OPPOSTO AVVISO, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R. 287/92 E DELL’ART. 2 QUATER DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656.
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Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla Signora MxxxxxxO Cxxxxa Maria, essendo a Lei giunto a notifica postale, il 9xxx 2000, l’avviso di liquidazione dell’imposta – irrogazione delle sanzioni, mod. 16 Mecc (Tasse), n. 9xxxxx/002/R, datato 5xxxxxe 2000, corredato dal prospetto di liquidazione della maggiore imposta, emessi dall’Ufficio del Registro di Taranto, Piazzale Dante Bestat, n. 26.
Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità dei qui appena specificati atti di imposizione fiscale, pertanto, ai sensi dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.
R I C O R R E
A Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale precostituito Giudice naturale, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992.
PREMESSA AI M O T I V I DI RICORSO
La controversia si origina dal fatto che la signora Maxxxxxo Cxxxxla Maria, da Massafra (Ta), dando esecuzione alla sua inclinazione di matrice intro-familiare, al suo progetto di vita, alla sua vocazione ed al suo requisito di studio di Perito Agrario ( conseguito a tempo debito presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Massafra), in data 3xxxxx, su prestito di suo padre, acquistava dalla concittadina Pxxxxxnga xxxxxarietta, classe 1xxxx un appezzamento di terreno coltivabile a seminativo, esteso ettari 1 e centiare sessanta, ubicato alla contrada “ Fxxxli” del detto Comune Ionico ( foglio xx, particella 1xx del N.C.T.).
Dei relativi adempimenti di trasferimento della titolarità del cespite si incaricava il notaio xxtonio xxxxxxza, notaio in Palagiano (Ta), che, in data 3xxx, redigeva l’apposito atto di compravendita (repertorio n. xx4, raccolta n. xxx), atto che, a sua cura, in data 1xxxx95, al n. 1xxx, veniva registrato presso l’Ufficio del Registro di Taranto.
Sussistevano tutte le condizioni soggettive ed oggettive stabilite e volute dalle leggi, affinché la registrazione dell’atto notarile avvenisse, com’è avvenuto, a tasse fisse e non proporzionali, trattandosi di un trasferimento fondiario fiscalmente agevolato, per essere finalizzato alla formazione o per l’arrotondamento della cosiddetta “ Piccola proprietà contadina” ( art.1 legge 6.8.1954, n.604 e norme precedenti e successive a stesse finalità).
Il notaio rogante nell’art. 9 del suo atto pubblico evidenziava la circostanza che l’acquisto veniva effettuato “ ai fini dell’accorpamento e arrotondamento della piccola proprietà contadina “, così come dichiarato dalla parte acquirente Masxxxxxxro xxla Maria, che chiedeva, per trovarsi nelle condizioni di legge, di beneficiare delle agevolazioni fiscali in sede di registrazione fiscale della scrittura.
In conformità alla richiesta di parte, l’Ufficio tra le norme indicate dal notaio V. xxxxa, decideva di applicare l’appena specificata Legge 6.8.1954 , n. 604 e s.m. e proroghe ed assoggettava l’atto a registrazione a quote fisse, sia per l’imposta di Registro che Imposta ipotecaria, in rispettiva misura di £.150.000.=
La stessa parte acquirente, consapevole dell’onere legale di dover completare l’aspetto e la parte documentale del suo stato di persona dedita al lavoro dei campi e dare contezza della idoneità del fondo acquistato, alla formazione o all’arrotondamento della piccola proprietà contadina, in data 1xxxxx ( cioè in tutta sollecitudine e tempestività), avanzava la relativa istanza all’Ispettorato Provinciale all’agricoltura di Taranto, dagli artt. 3,4 e 5 della stessa legge n. 604, deputato agli accertamenti ed alla certificazione
dell’esistenza delle condizioni di legge.
La richiesta, sebbene nel tempo sollecitata e caldeggiata più volte, veniva evasa dall’adito Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Taranto in data 15 giugno 1998, cioè oltre il termine triennale ( un tempo annuale e biennale ), stabilito dall’art. 4, II comma della stessa legge n. 604, per la produzione dell’atto certificativo all’Ufficio del Registro.
Il certificato, rilasciato in unico esemplare originale, in data 19.6.1998 veniva consegnato a mano all’Ufficio del Registro di Taranto, che così lo datava col suo datario ufficiale e lo assumeva al protocollo n. 8xxx7. L’atto veniva acquisito dall’Ufficio avvisante e custodito nei suoi atti, custodia costante e tuttora mantenuta.
Il ritardo del rilascio del certificato è stato dovuto al fatto che l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura è oberato di lavoro e con insufficiente personale di cui dispone non è sempre in grado di assolvere al suo compito entro termini più ragionevoli e congrui.
L’Ufficio del Registro di Taranto, quantunque in possesso dell’atto certificativo di supporto:
a) Comprovante il buon diritto della Maxxro Cxxxxla Maria alla spettanza delle invocate agevolazioni fiscali, già concesse in sede di registrazione dell’atto notarile del 31.1.1995;
b) Comprovante l’incolpevolezza piena nel ritardo di esibizione fatta dalla medesima coltivatrice agricola acquirente, decideva
di revocare le agevolazioni di cui trattasi, con la seguente unica ultrasintetica motivazione:
“per aver prodotto certificazione IPA oltre i termini di Legge”. Redigeva i relativi atti impositivi di revoca, assunti in forma di avviso mod. 16, con i quali chiedeva alla contribuente la corresponsione all’Erario della complessiva somma di £. 2x.xxxx0.000.=, importo che si assume da essa non dovuto, per i motivi che qui di seguito si esplicitano, in termini di impugnazione e contestazione della richiesta e degli atti che la portano.
MOTIVI DEL RICORSO IN FATTO PER FALSA O ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 6.8.1954, N. 604 E S.M. MODIFICHE E PROROGHE E DELLE ALTRE NORME DI SETTORE, AVENDO LA PARTE ASSOLTO CORRETTAMENTE A TUTTI GLI ONERI DI SUA COMPETENZA.
Innanzitutto in questa parte del ricorso si recepisce la parte crono-storica della vicenda già sopra esposta nella “ Premessa ai motivi di ricorso “ e ciò si pratica per linearità concettuale, continuità logica, economica, espositiva e completezza difensiva. Per la parte della cognitio che può interessare Codesta On.le Commissione, tale così recepita parte preliminare, è porzione integrante,basilare, essenziale e cumulata (accorpata) del novero degli argomenti difensivi riferibili alla fattispecie. Pertanto si fa viva preghiera a Codesta On.le ommissione, affinché consideri e ritenga essa del tutto alla stregua e facente parte dei motivi di ricorso, sia per questa sezione attinente
al fatto e per la successiva, concernente il segmento dei motivi di diritto della presente impugnativa.
Dopo aver così collegato e composto nella sua inscindibile unitarietà le diverse sezioni del ricorso, in questo punto di esso, per esigenza di chiarezza, di completezza argomentativa e di dimostrazione, che, a quanto stabilito dalla Legge, per ministero del notaio XXrza o per personale impegno della parte MXXXXXaro M. CXXela, è stato dato esecuzione, in sostanziale regolarità, (questa non infrangibile dal ritardo con cui è stato rilasciato dall’I.P.A. il certificato definitivo e consegnato all’Ufficio del Registro), si specifica ulteriormente e meglio quanto segue:
– Nell’atto notarile del 31.1.1995 sono state ritualmente richieste le agevolazioni fiscali normativamente previste per gli acquisti di terreni agricoli effettuati ai fini della formazione, dell’accorpamento e arrotondamento della piccola proprietà contadina;
– L’atto veniva rogato lo stesso giorno 31.1.1995 in cui l’Ispettorato Prov.le dell’Agricoltura di Taranto rilasciava “l’ATTESTAZIONE
PROVVISORIA” e previo ritiro della stessa, a cura della parte interessata, e consegna della medesima attestazione al notaio Laterza, che redigeva la scrittura di compravendita nel suo studio nelle ore serali, cioè dopo aver acquisito nelle ore antimeridiane l’attestazione in
parola;
– Rileva e significa particolarmente in proposito la circostanza precipua che l’istanza di richiesta all’IPA dell’attestazione provvisoria e del certificato definitivo veniva prodotto in data 19.1.1995, cioè 12 giorni prima della stipula dell’atto fatta il 31.1.1995, ( art. 34 della Legge
26.5.1965, n. 590; artt. 3-4 e 5 Legge 6.8.1954, n. 604 e s.m. e proroghe).
L’attività premonitoria della MaXXro CXXXXa si significa nel senso che avveniva, aveva luogo, ancor prima, nella condizione di poter così
dimostrare il suo buon diritto al beneficio delle agevolazioni fiscali, condizioni, queste riconosciute dallo stesso Ufficio del Registro, che, con l’atto da registrare, acquisiva l’Attestazione Provvisoria depositata dal notaio Laterza e concedeva le agevolazioni erariali chieste nell’atto;
– All’IPA era possibile rilasciare il certificato definitivo di sua competenza ad esso richiesto ( si è già detto il 19.1.1995) in data 15.6.1998;
– La parte presentava il testè detto originale certificato I.P.A. all’Ufficio del Registro il 19.6.1998, che lo acquisiva ai suoi atti e ne anteneva il possesso, con carattere di definitività e d’imperio acquisitorio, tuttora in atto, pur essendo ben evidenziato , a stampa, nel corpo del documento, il “non rilascio di duplicati”.
La cronologia dei fatti qui appena esplicitati, tutti documentalmente autodimostrati con gli atti che si allegano al presente ricorso, provano che alla MaXXXXro XXXla Maa non è possibile ragionevolmente e sensatamente muovere alcun addebito, avendo essa diligentemente ottemperato a tutto quanto la norma ad essa richiedevano. Né il ritardo nel rilascio del certificato dell’I.P.A. può essere ad essa ascritto.
Né il caso che alla stessa concerne, così come si configura nei suoi reali termini fattuali e giuridici, integra le condizioni dalla legge previste, perché si possa procedere in un’azione di revoca dei benefici fiscali a suo tempo concessi, direzione in cui l’Ufficio mostra di voler operare.
L’avviata revocatoria, infatti, la si vuole incentrare unicamente su “un ritardo” ( si è già detto dovuto unicamente all’attività dell’IPA di Taranto) e non su un fatto “omissivo” o di “imperfezione” del procedimento, che è stato dalla parte gestito e concluso del tutto, così
come prefigurato dalle norme di settore.
Il ravvisato ritardo l’ufficio lo ha probabilmente individuato con riferimento al termine triennale di legge, entro il quale il certificato
definitivo I.P.A. andava prodotto all’ufficio stesso.
Ma la ravvisione dell’Ufficio, nella fattispecie non sussiste, in linea di verofatto, come non lo è in linea di diritto, in quanto essa nasce da un distorto apprezzamento dell’operato della MXXXXro CXXXXa Maria e da una falsa o erronea interpretazione delle norme delle quali si assume voler fare applicazione.
Invero dalla stringatezza e caducità della motivazione non si capisce bene ai sensi di quale precipua norma l’ufficio va procedendo ,
essendo la legge n. 604/1954 riccamente articolata e costituita da n. 9 articoli, ma, dovendo assolvere comunque al compito difensivo, si confuta la “apparente” tesi a carico dell’ufficio, in quanto esso in motivazione asserisce trattarsi di certificazione I.P.A. prodotta oltre i termini di legge.
Il sottoscritto, spera fortunosamente , si pone difensivamente in tale linea (non senza muovere le relative censure per la insufficiente motivazione), rimarca all’attenzione di codesta On.le Commissione che, alla signora XXaro XXX Maria, non è attribuibile, per sua propria e diretta colpa, nessuna inadempienza, ritardo e responsabilità, ostando pure il disposto contenuto nell’art.5 del D.Lgs. 18.12.1997, n.472 (colpevolezza) e nel paragrafo 5 della relativa circolare applicativa, provvedimenti dai quali discendono i seguenti
principi e statuizioni:
- Ciascuno risponde della “propria” azione ed omissione , cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa;
- … ne deriva che, per potersi avere responsabilità, è necessario che la violazione sia stata commessa quanto meno
con colpa; - per esserci “colpa fiscale” debbono ricorrere i fattori personali di negligenza, imprudenza ed imperizia. Evenienze
queste tutte assenti nel comportamento della signora MaXXXo CXXXXXa Maria, assolutamente tempestivo , accorto ed indefettibile, circostanziatamente dimostrate dagli atti di controversia.
L’infondatezza della pretesa erariale dell’ufficio è data, nella fattispecie, dal pessimo governo che esso ha fatto della stessa legge n.604/1954, con riguardo ai fatti a sua cura, perché, come si evincerà e si comprenderà di più e meglio della successiva sequela dei motivi di diritto di questo ricorso, i fatti stessi risultano essere in tutta armonia e non in difformità con le previsioni della legge n.604/1954, di modo che volerne fare applicazione, così come vuole fare l’Ufficio, è cosa arbitraria, abusiva ed illegittima.
Con riferimento ai fatti, si antepone che la norma esige un’eccezionale ed accuratissimo lavoro interpretativo, per ricavarne tutta la sua ratio, che è quella di consentire il recupero dell’imposta ordinaria nel caso in cui “non sia stato prodotto né il certificato definitivo, né l’attestazione provvisoria”(Artt.5 e 4, 1° comma, lett. B), cioè nel caso in cui non vi è nessuna prova certificativa dell’esistenza oggettiva e soggettiva al diritto alle agevolazioni. Ma giacchè la legge, in combinato disposto tra gli Art.4 e 5, non prevede l’ipotesi della tardività della produzione del certificato IPA (poiché prevede solo la omessa produzione dello stesso), “MEDIO TEMPORE”, fino alla sua presentazione , se l’ufficio non ha già provveduto al recupero dei tributi, una volta comprovata l’esistenza del diritto alle agevolazioni (se pur tardivamente) non può procedere al recupero delle imposte ordinarie, essendo così sopraggiunta la causa giuridicamente impeditiva e ragionevolmente inutile ed inopportuna all’azione a ripresa erariale.
Trattasi delle cosiddette “Sanatorie dirette a regolarizzare ex post situazioni ancora pendenti”, a volere risolutivo espresso della nostra Corte Costituzionale.
La disciplina sostanziale della norma è quindi ben diversa da quella che l’Ufficio “a massa” coltiva da decenni, non discriminando da caso a caso, (come invece dovrebbe, ha suggerito in proposito l’Avvocatura Generale dello Stato, Ministerialmente interpellata) ed accomunando e confondendo chi ha provveduto a tutti gli adempimenti di legge (se pur con qualche incolpevole ritardo), con
chi tali adempimenti ha omesso.
Pertanto , per ora, e con le debite riserve si chiude questo unico punto e motivo di ricorso “in fatto”, essendo la controversia caratterizzata massimamente sotto il profilo del diritto.
IN DIRITTO
- VIOLAZIONE DELLE NORME SULLE AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL SETTORE AGRICOLO, DI APPARTENENZA DELLA CONTRIBUENTE, LEGITTIMAMENTE NON TENUTA AL SODDISFO DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA RAVVISATA NEL SUO AVVISO MOD.16 DALL’UFFICIO.
Si antepone la descrizione delle modalità operative dell’ufficio:
Dopo aver, in sede di registrazione dell’atto notarile, concesse le agevolazioni fiscali, di cui alla legge n.604/1954, resta in attesa che, entro il triennio di legge, l’acquirente o gli acquirenti dei terreni agrari coltivabili, producano il Certificato Definitivo dell’I.P.A.
Spirato il triennio non procede al tempestivo recupero delle imposte ordinarie. Ma prima
che l’ufficio agisca a recupero, l’I.P.A. dà luogo al rilascio del certificato , che conclude, perfeziona e chiude il procedimento, preordinato dalla legge per la concessione delle agevolazioni tributarie. Venuto in possesso di tale certificato, che è chiaramente datato post triennio,
il contribuente lo produce all’Ufficio del Registro competente il quale:
– lo ritira, prende atto del diritto del contribuente alle agevolazioni e lo acclude al relativo fascicolo;
– sa che vi è tardività nella produzione e concepisce che deve, a ragione di essa, procedere al recupero delle imposte ordinarie, gravate dagli interessi, ma non concepisce che:
¨ Il recupero non può più farlo a volere della legge n.604/1954;
¨ L’obbligazione tributaria, al momento in cui esso ha cognizione certificata del diritto alle agevolazioni, cessa di esistere ed essere azionabile;
– ritira il certificato I.P.A. e ne mantiene il possesso definitivo, che in pratica nelle sue mani non produce gli effetti cui è destinato;
– preannunzia ed opera il recupero delle imposte, il certo diritto al RIMBORSO di esse se corrisposte, ma mantiene (si è detto) il possesso
del certificato (originale ed unico esemplare rilasciabile), che sa necessitare ai contribuenti a corredo dell’istanza di rimborso a prodursi, se si è fatta aderenza alla caldeggiata soluzione dei tributi richiesti con gli avvisi di revoca.
Insomma alla base dell’agire dell’ufficio esiste il meccanismo “PAGAMENTO/RIMBORSO”. In esso Ufficio non vi è il pur minimo dubbio che trattasi di un artificio fiscale , inutile e dannoso e la sua totale illegittimità è data dal fatto che non possono essere riscosse imposte non dovute, per sopraggiunta inesistenza della “Obbligazione Tributaria”.
Da tal modo di fare sembrerebbe che l’incoerenza, la irragionevolezza e il non buon senso sono, per l’ufficio,materie ad utilità pseudoprocedurale, di cui si può fare, a piacimento, normale esercizio.
Ma così non è e non deve essere, perché si tratterebbe di arbitrarietà, illegittimità erette a sistema.
La linea della perentorietà del termine e della impossibilità della remissione in termini, un tempo professata e sostenuta dal Ministero delle Finanze e da qualche Organo della giurisdizione, linea nella quale affonda le sue radici la condotta dell’ufficio, è stata da tempo superata in ogni sede, a mezzo di una più corretta , più giusta e meno fiscale interpretazione della legge n.604/1954. Erano tempi in cui la finalità e la volontà della norma veniva sacrificata al formale rigore fiscale, fine a sé stesso ed il contribuente doveva appunto sempre coercivamente “SOLVE ET REPETE”, non usufruiva di alcuna garanzia giustiziale e molto di più.
La pretesa fiscale dell’ufficio è del tutto infondata, azzardata ed illegittima, incentrata sull’assunto dell’esistenza dell’obbligazione d’imposta, ma in realtà, nella fattispecie, inesistente.
A tal fine è bene qui di seguito trascrivere gli Art.3, 4 e 5 delle Legge 6.8.1954 e s.m. e proroghe, dalla cui corretta lettura ed interpretazioni si ricavano gli elementi di partenza, di convincimento e di giudizio utili alla dirimenza (con ratio e di ragione) giurisdizionale della controversia:
LEGGE 6.8.1954, N.604 ART.3) – Per conseguire le agevolazioni tributarie di cui alla seguente legge , l’acquirente, i permutati o l’enfiteuta: a) debbono dichiarare contestualmente nell’atto quali sono i fondi che a titolo di proprietà o di enfiteusi sono posseduti da loro o dai membri del nucleo familiare, e inoltre che si trovano nelle condizioni di cui al n.3 dell’articolo precedente; b) debbono produrre insieme con l’atto al momento della registrazione lo stato di famiglia e un certificato dell’Ispettorato agrario provinciale competente per territorio che attesti la sussistenza dei requisiti di cui ai nn.1 e 2 dell’articolo precedente.
Nel caso di infedeltà delle dichiarazioni del contribuente previste dal comma precedente le parti contraenti sono solidalmente tenute al pagamento dei tributi ordinari; la parte che ha reso la dichiarazione infedele è altresì tenuta a corrispondere una soprattassa irriducibile pari all’ammontare dei tributi recuperati.
ART.4) – In luogo del certificato dell’Ispettorato provinciale agrario richiesto ai sensi del 1° comma lettera b), dell’articolo precedente,
può essere prodotta un’attestazione provvisoria dell’ispettorato medesimo, dalla quale risulti che sono in corso gli accertamenti per il
rilascio del certificato.
In tal caso le agevolazioni tributarie sono concesse al momento della registrazione, ma entro un anno (attualmente tre anni) da tale formalità l’interessato deve presentare all’Ufficio del registro “IL CERTIFICATO DEFINITIVO”, attestante che i requisiti richiesti sussistevano fin dal momento della stipula dell’atto; IN DIFETTO sono dovute le normali imposte, salvo quanto stabilito dall’articolo seguente.
Nell’ipotesi contemplata dal presente articolo, l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle imposte ordinarie si prescrive col decorso di tre anni dalla scadenza del termine stabilito dal comma precedente.
ART.5) – Quando sia stata resa la dichiarazione contestuale di cui alla lettera a) dell’art.3 e “NON SIA STATO PRODOTTO” né il certificato definitivo previsto dalla lettera b) dello stesso art.3, né quello provvisorio previsto dal primo comma dell’art.4, sono dovute le normali imposte di registro e ipotecarie, ma non è precluso il diritto al rimborso se, nel termine triennale di prescrizione, gli interessati presentino apposita domanda all’Intendenza di finanza competente per territorio, corredata dal certificato dell’Ispettorato provinciale agrario di cui al secondo comma dell’art.4.
Il senso e la voluntas legis della norma vengono e sono dati dal combinato disposto dei tre sopra riportati articoli della legge, dall’interpretazione fedelmente teleologica di essi e da un impegno di ermeneutica di adeguata misura. E’ lavoro questo a cui l’ufficio si è del tutto sottratto, malgrado le specifiche direttive a tal riguardo impartite dalle Autorità Centrali, volte ad indurre gli uffici territoriali periferici ed un’opera di discrimine di caso in caso.
Di fatto, con riferimento alla fattispecie oggetto della revoca fatta, occorreva ed occorre tener conto (ancor prima di vetuste, anacronistiche e venute meno consuetudini, invero detrattivamente mal ispirate anche da antica giurisprudenza di merito e di legittimità) delle norme, dalle quali vengono in evidenza queste parti:
- Dall’art.4 : In difetto sono dovute le normali imposte, “SALVO” quanto stabilito dall’articolo seguente;
- Dall’art.5: “Quando sia stata resa la dichiarazione contestuale di cui alla lettera a) dell’art.3 “E NON SIA STATO PRODOTTO IL
CERTIFICATO DEFINITIVO” previsto dalla lettera b) dello stesso art.3, né quello provvisorio previsto dal primo comma dell’art.4, sono dovute le normali imposte di Registro, ed ipotecarie, ma non è precluso il diritto “di rimborso” se nel termine triennale di
trascrizione, ecc. …”
A motivo e ragione delle salvezze che fa il secondo comma dell’art.4, è pacifico che le condizioni di procedibilità dell’ufficio si configurano unicamente qualora ricorrano, si è in presenza delle condizioni di inadempienza stabilite dall’art.5, prima parte, tra le quali svetta l’omessa produzione del certificato definitivo.
La norma, certamente non a caso, non ipotizza, non prevede “la tardività” di produzione dell’atto né poteva ragionevolmente prevederla, senza intaccare, sminuire le sue stesse finalità e privare la normativa di quel genere di tolleranza, congenita e connaturata allo stesso principio incentivante, premiale ed agevolativo, sua propria dello scopo della legge.
Ove lo avesse fatto, il legislatore avrebbe pure violato il principio della ragionevolezza, per contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita da esso e la disposizione espressa nella norma data. Ciò è quanto insegna la Corte Costituzionale del nostro Stato.
Il largo respiro della norma è chiaro ed evidente ed è confermato dagli interventi che nel tempo il legislatore ha in merito operato, allargando l’iniziale termine da annuo a biennio e poi a triennio, così pure recependo le esigenze funzionali e temporali degli I.P.A.
Il termine triennale di produzione del certificato I.P.A., tenuto presente dall’ufficio, scaduto il 17.2.1998 , con riferimento al quale si vuol ravvisare la tardività (a prescindere dalla sua natura ordinaria o perentoria), se si pone la giusta attenzione nella combinazione e coordinazione della norma, non rileva più in termini di recupero erariale una volta prodotto il certificato IPA definitivo, se l’ufficio, ancor prima non abbia agito, cioè non si sia –medio tempore- avvalso dell’incompletezza del procedimento agevolativo. Ma voler agire a procedimento completato, al quale per giunta si è stati acquiescenti e proprio pure perché vi è presente nella materia l’Istituto del rimborso, che l’ufficio finalizza e propugna, è fatto arbitrario, Contra ius e da respingere.
Che senso giuro erariale ha far pagare tributi (in origine sicuramente non dovuti), dei quali si è certi dover operare la restituzione (rimborso), con i relativi interessi?!
Possono essere chiesti alla contribuente tributi dai quali essa si è affrancata in tutta legittimità, in funzione di un rimborso strumentalizzato dall’ufficio, anche per i casi in cui le obbligazioni d’imposta non sussistano, il relativo procedimento costitutivo (e incostitutivo) si è esaurito e chiuso, con la produzione dell’atto I.P.A. definitivo?
Dall’Ordinamento tributario ci è dato il principio di legalità (art.3 Legge n.472/1997), formulato in modo identico a quello contenuto nell’art.1 della Legge 689/81, che a sua volta ricalca la formulazione dell’art.25 della Costituzione, come collegato all’artt.23, 53 e 97 di essa. Tutte norme queste che rendono illecita l’iniziativa e la pretesa dell’Ufficio.
Dal più generale Ordinamento giuridico del nostro Stato ci giunge il principio che, estinta la causa, per la misura e le ragioni dell’obbligazione, non vi è più possibilità dell’azione di rivendica della stessa, giacchè non si può pretendere quanto non è più dovuto e se posta in essere incorre nelle relative censure di nullità o di inaccoglibilità del giudice a Quo.(Se è cessato il credito, cessa la possibilità della pretesa).
E’ questa convinzione del tutto pacifica anche per il settore fiscale e per l’obbligazione d’imposta, essendo essa, dal punto di vista ontologico, e pur appartenendo al novero delle obbligazioni pubbliche (o di diritto pubblico),non differente per nulla dalle obbligazioni di diritto privato, risolvendosi nel dovere giuridico di effettuare la prestazione che ne costituisce il contenuto.
E’ peraltro indubbio che la disciplina contenuta nelle norme di diritto civile, in tema di obbligazioni, torna applicabile al settore tributario, essendo le disposizioni codicistiche con natura di norme comuni e quindi operanti a prescindere dal carattere privatistico del rapporto obbligatorio.
L’Ufficio vuole, con la sua rettifica, in tutta illegittimità, mantenere in vita ed espandere nel tempo un’obbligazione ope legis estintasi e fa ciò in applicazione di un genere di filosofia così concepita: intanto io mi pongo in condizioni di attacco, mi metto al sicuro (magari del dubbio) e metto a posto le mie carte. Il contribuente, anzi la contribuente, si arrangi e si destreggi, se vuole ed è capace di conseguire il rimborso dei tributi pagati. La circostanza dell’indebenza di essa e dell’incapienza economica della parte è un dettaglio del tutto irrilevante e trascurabile, tanto c’è sempre la possibilità di ottenere il rimborso.
Insomma esercizio a piene mani e sistematico (in onore della Dea burocrazia fiscale all’Italiana) dello scarico barile, del menefreghismo di maniera e dell’artificio. Si può dire pseudozelo,mascheramento di abusi, insano facere (pur di fare e tanto per fare), per finalità extra erariali. Come dire illecito uso ed abuso del diritto, della burocrazia e strumentale camaleontismo a piacimento, in danno del prossimo.
E’ la solita antica e ben notoria storia dell’inadeguatezza della P.A.F. territoriale, della quale il contribuente ne è l’ineludibile cireneo.
Di tal che torna in mente l’assioma:
LA RAGIONE E’ FOLLIA deL PIU’ FORTE. LA RAGIONE DEL MENO FORTE E’ FOLLIA.
Un genere di filosofia, quella praticata dall’ufficio, del tutto estranea all’Ordinamento tributario come nei tempi più recenti modellato, per essere quello estraneo alla norma assunta a base della operata revoca ed estranea agli Ammaestramenti dati dalle Superiori
Gerarchie e dalla Giurisprudenza di merito e di legittimità.
Per tutte se ne sintetizza una piccola, ma esauriente ed autorevolissima parte, in ragione del livello e della qualità che la origina.
A) Risoluzione Ministero Finanze D.G. tasse ell.ll*: 8.11.1985 n.200248: (allegata) “… la richiesta del pagamento delle normali imposte dovute a seguito di revoca delle agevolazioni di cui alla legge 604 è legittima “FINTANTO CHE” perduri l’omissione del contribuente nel presentare il certificato definitivo surricordato, ma se la parte, nel termine triennale di prescrizione contemplato nel parimenti richiamato art.5, presenta tale certificato, attestante che i requisiti sussistevano al momento della stipula e le imposte non sono state ancora riscosse, l’Amministrazione Finanziaria deve astenersi dal chiedere il pagamento delle stesse, in quanto le medesime dovrebbero essere comunque rimborsate dietro domanda degli interessati.”
Di chiarezza ed esaustività, più di tanto il Ministero delle Finanze non poteva essere, direttiva del tutto calzante alla vicenda in controversia, riguardante la Massaro Carmela Maria, i di cui fatti storici dell’acquisto fiscalmente agevolato del terreno sono tutti di piena
conoscenza e dominio dell’Ufficio.
Perché l’Ufficio non osserva la Direttiva Ministeriale?
B) Risoluzione Ministeriale n.240837 Del 14.2.1984. Ministero Finanze Dir. Gen. Tasse.
Si conviene con l’avviso espresso da codesto Ispettorato nel senso che, per le fattispecie di cui all’esposto indicato in oggetto, riguardanti l’applicabilità delle agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina nei confronti di coniugi coltivatori diretti in regime di comunione legale, il beneficio spetta per intero al contribuente presente in atto in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, e per il 50% qualora intervenga nell’atto anche il coniuge non coltivatore.
Dette conclusioni sono, peraltro, conformi a quelle adottate nella riunione dei Capi Compartimento del 22 e 23 Aprile 1981, riunione nella quale si è sostanzialmente stabilito che, qualora risulti da idoneo certificato rilasciato dal competente Organo regionale che il contribuente sia in possesso dei requisiti richiesti dalla legge 6 agosto 1954, n,604, il beneficio, nei termini anzidetti, non può essere
denegato.
Si condivide pertanto, l’opportunità di proporre alla competente Intendenza di Finanza l’annullamento per insussistenza degli eventuali carichi iscritti a campione.
C) Commissione Tributaria centrale, sez. XXVII del 30 settembre 1993 (1 Luglio 1993) n.2645 Pres. Barbato relatore Scorzelli (stralcio in C.T. n.49/1993 Rag,.3286)
Le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina, spettano anche nel caso in cui il prescritto certificato dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura venga prodotto dai contribuenti oltre il termine stabilito…
Il ricorso dell’ufficio è infondato.
In base, invero, alle disposizioni della legge n.590/1965, che ha riordinato la materia, il contribuente che documenta tardivamente le condizioni prescritte è ammesso a ripetere le imposte ordinarie che nel frattempo abbia per avvertenza pagato. Dal che si evince
che il termine di produzione previsto dalla legge non è a pena di decadenza. Non è cioè un termine perentorio (o almeno non lo è più dopo la legge n.590/1965), ma ordinatario.
Si impone, a tale stregua, il rigetto del ricorso dell’Ufficio.
In senso conforme alla decisione in commento, vedi Comm. Trib. Centr., Sez. XXIV, 13 luglio 1990, n.5236 ( in Corr. Trib. N.8/1991, pag. 620) secondo la quale il termine triennale diviene perentorio solo qualora gli acquirenti, alla data dell’atto,non posseggano la qualifica di imprenditore agricolo e dichiarano di volerla acquistare successivamente, nonché comm. Trib. I gr. Di Treviso, Sez. VII, 25 marzo 1991, n.1267 (in Corr. Trib. N.40/1991, pag. 3018; Comm. Trib. II gr. Piacenza, Sez. III, 16 aprile 1991, n.422, in Corr. Trib. n.40/1991, pag. 3018).
Convergono in parallelo ed ulteriormente la medesima C. T. Centrale e la Commissione di II grado di Matera sulla non perentorietà del termine e sulla non decadenza dai benefici agevolativi in parola, rispettivamente con la decisione n.1126 dell’8.3.1994 (Dep. il 18.4.1994), Sez.XI e n.428, Sez. III, 5.2.1994 (20.11.1993).
L’Ufficio del Registro di Taranto, malgrado ciò, nicchia, fa lo gnorri e l’orecchio da mercante.
Perché? Si spera che controversia durante, se proprio riterrà di essere necessario costituirsi in essa, risponda a questi formulati interrogativi e voglia giustificare credibilmente la sua illecita linea di condotta riscossiva.
Intanto si oppugna la sua revoca e la sua pretesa, per completa inesistenza dei presupposti, per violazione della legge n.604/1954 e s.m. e per la inesistenza dell’obbligazione tributaria, surrettiziamente, infondatamente ed illegittimamente prospettata con il mod.16 alla contribuente, destinataria del patrocinio di questo sottoscritto.
2.CON RIFERIMENTO ALLA SENTENZA N.21 DEL 31.3.1961 DELLA CORTE COSTITUZIONALE, SUSSISTONO RAGIONI DI INCOSTITUZIONALITA’ IN ORDINE ALL’INTERO ART.5 DELLA LEGGE 6.8.1954, N.604, SE A RAGIONE DELL’INTERPRETAZIONE
DELLA NORMA VOLUTA E PRATICATA DALL’UFFICIO, PUR IN PRESENZA DEL DIRITTO ALLE AGEVOLAZIONI FISCALI, SI RENDE NECESSARIO CORRISPONDERE PRIMA IL NON DOVUTO E POI AVANZARE ISTANZA DI RIMBORSO. RICHIESTA RELATIVA DI AMMISSIBILITA’ AL GIUDIZIO DELLA LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELLA INDICATA NORMA, DI COMPETENZA DELLA CORTE IN ROMA. (ART.134 CORTE COST.)
La contribuente Mxxxxxx Caxxxxxa Mxxxa a ripetizione, dopo aver ricevuto l’avviso mod.16, ha personalmente prospettato all’ufficio l’infondatezza e l’illegittimità dell’avviso stesso, in presenza del suo buon diritto, reale e certificato, di contadina, di beneficiare delle agevolazioni fiscali, concomitanti all’acquisto della superficie agricola oggetto dell’atto pubblico del 31.1.1995, rogato dal notaio Laterza V. e da questi normalmente presentato a registrazione.
Il responsabile del procedimento colloqui durante le ha sempre detto che prima bisognava pagare le imposte revocate e richiestele e poi si poteva avanzare istanza per conseguire rimborso.
Di conseguenza venivano assunte delle informazioni esterne all’ufficio, presso fonti di sicura competenza e fede, dalle quali si riceveva la conferma che il criterio dell’ufficio, in tal settore impositivo, è dato e riposa nella sistemica generalizzata, indifferente ed indifferializzata, così concettualmente sintetizzabile:
“Prima paga le imposte chieste con l’avviso di liquidazione da revoca dei benefici fiscali e poi chiedi il rimborso”
L’Ufficio quindi è aduso alla imposizione della pratica del far “solvere indebitamente”(solutio indebiti) e del “paga e poi richiedi” in restituzione(solve et repete).
Il fatto sembra incredibile, ma si assicura Codesta Commissione che non lo è proprio, così come non è in termini di meraviglia, sconcerto e di allucinazione!
Per persuadersene, se ne fosse il caso, è sufficiente riscontrare in seno all’Ufficio la quantità degli atti di tal natura gestiti con tale sistema (prima paga, anche se non devi, e poi chiedi il rimborso).
Lo sconcerto cresce se si tiene in conto che la sentenza di incostituzionalità di tale incivile e vessatorio sistema è di ben 40 anni or sono (n.21 del 31.3.1961).
L’Ufficio de Registro di Taranto ha saputo cristallizzare e mantenere in piedi – e lo vuole ancora – un procedimento:
– Innanzitutto ben diverso e ben diversamente strutturato e regolato da come esso finalisticamente lo concepisce;
– Smantellato dalla Corte Costituzionale con la famosissima, storica sentenza abrogativa dell’istituto del “Solve et repete”, di ottocentesca memoria (art.6 legge 20.3.1865, n.2248 (allegato E), della quale tutti i testi di diritto tributario, vecchi e nuovi, fanno memoria e materia di studio, costituendo quella sentenza il primo passo tra le conquiste civili del Popolo Italiano nell’Era
repubblicana, post bellica ed a regime giuro-costituzionale post Statuto Albertino.
Nel tempo, specie ad opera della dottrina e della stessa Corte Costituzionale, si è affermato, nella generalità, il convincimento
accettato che la sentenza n.21 non considerò espressamente illegittime le altre norme nature tributaria che prevedono la regola del “Solve et repete”, ma che per esse era da ritenersi accettabile la abrogazione trattandosi di norme che comunque riguardavano il “Solve et repete”. Tanto come effetto dell’applicazione analogica dello stesso principio nei confronti di tutte le altre leggi che si erano uniformate al precetto della legge del 1865.
Nel tempo presente non vi è più nessuno che non ritiene, il principio egualitario, di civiltà giuridica, di civiltà in senso proprio ed
extra ius., sia applicabile alle numerose disposizioni, che disciplinando i singoli tributi, o categorie di tributi, richiamano o ripetono la disposizione dichiarata decaduta dalla Corte Costituzionale con suo provvedimento. L’onnicomprensività del principio ha efficacia ed è pienamente operante (è cosa nota ed acquisita) per tutte le disposizioni contenute nelle leggi tributarie e cioè anche per quelle che, per un verso o per un altro, discendono dalla norma dell’art.6 della legge 20.3.1985, dichiarata incostituzionale, se pur esse non direttamente esaminate dal Supremo Consesso.
Di modo che se la norma del 1954,n.604:
- è da intendere come la intende l’Ufficio del Registro di Taranto, è incostituzionale, per essere altresì la stessa temporalmente antecedente (1954) alla sentenza della Corte Costituzionale (1961) e come tale va qualificata e non applicata da chicchessia;
- Se la norma va intesa come la intende il sottoscritto, l’Avvocatura Generale dello Stato, la Giurisprudenza di settore e la stessa
Pubblica Amministrazione Finanziaria, non presenta pecche di costituzionalità e in ordine ad essa non esistono ragioni di eccezioni di incostituzionalità da muovere. E’ l’ufficio che ad essa si deve attenere nel non esigere pagamenti, nei casi in cui non sussistono le condizioni dei pagamenti stessi, perché tributi non dovuti, per porsi in istato di avanzare istanza di rimborso (forzati pagamenti dati per volontari, perché così all’Ufficio torna comodo).
In entrambi i casi ( incostituzionalità per analogia e per soggettiva ed oggettiva inesistenza dell’obbligazione
d’imposta), L’Ufficio non ha legittimazione nella pretesa, che erroneamente accampa, mediante la revocatoria di agevolazioni spettanti a chi la normativa designa come destinatari; nel caso di specie la coltivatrice agricola Maxxxxxa Caxxa Maria.
E’ opinione di questo sottoscritto che è l’Ufficio ad essere pressochè fermo al 1865, zavorrato com’è ad una concezione antica e retriva nei rapporti d’imposta e con i contribuenti.
La legge 604/1954 non si presta, una volta assolta agli oneri documentati e personali che essa pone, agli ingarbugli, agli artifici ed alle mistificazioni del genere cui si vuole sottoporre la contribuente, che, per essere superiormente acculturata ( è diplomata “Perito Agrario”) ben sa intendere i suoi diritti e come porsi contro chi essi intende conculcare; se pur mediante la pratica di una surrettizia, subdola,
strisciante o se si preferisce impropria forma di “Solve et repete”.
Il sottoscritto pone l’intera problematica all’attenzione di codesta On.le Commissione e la pone pure nel senso che se l’Ufficio persisterà nella sua condotta e nelle sue pretese, il corrispondente assunto difensivo sia tenuto in conto nella sua globalità e si abbia riguardo e
stima di adire la Corte Costituzionale, affinchè si pervenga ad una specifica pronunzia di incostituzionalità dell’art.5 della legge .604/1954.
Valuterà Codesta On.le Commissione, a motivo dell’assorbenza dell’eccezione di incostituzionalità avanzata, mercè l’opera e l’efficacia di nullità o illegittimità dell’avviso, date dagli altri motivi di ricorso, se la stessa eccezione si pone come superflua e perde la sua ragion d’essere e può permanere tra i motivi di impugnazione.
In tale forma l’avanzata richiesta di vaglio costituzionale la si pone in linea gradata e subordinata, nella consapevolezza dell’esigenza di economia e di misura nell’impegno degli organi della giurisdizione di tutti i livelli.
Non si trascura di aggiungere che alla vertenza pertengono due importanti istituti di diritto del nostro Ordinamento giuridico, che sono entrambi ostativi alla condotta procedimentale dell’ufficio. Essi sono:
–L’indebito oggettivo (art.2033 C.C.), che qualifica non dovuto (e se fatto ripetibile) un pagamento privo di causa giustificativa e sottende il principio che il debito viene considerato inesistente o quando il vincolo giuridico tra chi paga e chi riceve il pagamento non è mai sorto, oppure quando tale vincolo, pur essendo inizialmente sorto, è venuto successivamente meno con effetto retroattivo (cioè come se sin dall’inizio non vi fosse stato alcun vincolo giuridico). Questa ultima ipotesi ricorre quando il vincolo viene annullato, risolto, oppure si avvera la condizione cui era sottoposta l’efficacia del vincolo medesimo;
–Prestazione contraria al buon costume (art.2035 C.C.) ( Ob Turpem Causa) :
si ha che in diritto il buon costume è definito “il complesso dei principi di etica sociale e della morale comune”.
E’ indubbio che pretendere un pagamento non dovuto, è fatto contrario all’etica sociale ed alla morale comune, tant’è che di tale ordine di fatti se ne occupa anche il codice penale (truffa, estorsione tentata o consumata, ecc.) ed a tale
proposito sarebbe di grande interesse conoscere cosa ne pensa il Procuratore della Repubblica di Taranto, il di cui Ufficio, previa consultazione con l’Avvocato Penalista di fiducia della contribuente, non si trascurerà di adire, se l’Ufficio resterà restio nell’abbandono della pretesa e vorrà dar modo di incrementare, allargare ed esacerbare ulteriormente, (benché qui esposta la sua meta-giuridicità), gli
aspetti della controversia.
La non dovutezza del chiesto pagamento è data dal certo diritto della contribuente alle agevolazioni
fiscali, come esito dei fatti in causa e della corretta interpretazione ed applicazione ad essi e delle norme date dalla legge n.604/1954. L’indebenza è altresì voluta da quanto l’art.2033 C.C. sopra chiarito significa e stabilisce nel nostro Ordinamento giuridico, non
escluso, si è pure già detto, quello tributario.
L’Ufficio in simili frangenti è invece aduso a spingere in una riprovevole condotta che il diritto stesso qualifica “Ob Turpem Causa”.
Ciò è persecutorio, vessatorio ed iniquo e non può, non deve più sussistere il trastullo ora paga e poi ti facciamo il rimborso: è bene che cessi, perché è ormai tempo.
Le relative cure di nullità sono opera di giustizia di Codesta adita On.le Commissione Tributaria, opera, fuor di retorica, grandemente benemerita, giacchè grande è l’inortossia di condotta dell’ufficio e grandi sono i danni che esso arreca alle genti della Provincia Ionica.
3.INIDONEITA’ GIURIDICA E DOCUMENTALE DELL’AVVISO, PER VIZIO SUO PROPRIO, IN QUANTO RECA LA MENZIONE DI UNA NORMA, A FUNZIONI PROCEDIMENTALE, GIA’ ESPRESSAMENTE ABROGATA. L’ART.16 DEL D.P.R. 26.10.1972, N. 636 E’ STATO ABROGATO DALL’ART.71 DEL D.LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M. ILLEGITTIMITA’, PER TABULAS, DELL’AVVISO.
Da questo punto di ricorso si ha la constatazione e la conferma che l’ufficio non si aggiorna, trascura di recepire i provvedimenti che l’evoluzione del sistema tributario e più in generale il sistema giuridico generano.
L’art.16 del D.P.R. 26.10.1972, n.636, indicato in calce, nelle avvertenze dell’Avviso di liquidazione è stato abrogato dal I comma dell’art.71 del D.Lgs. 31.12.1992, .546, cioè da circa sette anni e mesi 10. Il D.Lgs. è atto normativo, non certamente trascurabile, eppure l’Ufficio lo snobba, con il risultato che indica ancora oggi doversi produrre il ricorso ad un Organo della Giurisdizione Tributaria inesistente, perché soppresso (ex Commissione tributaria di 1° grado ) e vuole doversi seguire una procedura di produzione del ricorso e di costituzione
in giudizio non più in vigore , perché sostituita dagli art.18-20-21 e 22 del già indicato D.Lgs. n.546/1992 e s.m.
Verrebbe da considerare e sperare che non lasci trascorrere altri 40 anni, per darsi conto che anche il mod.16 di cui si serve è da aggiornare, almeno nei suoi elementi più essenziali ed utili a chi di esso se ne fa destinatario.
Per pregresse dirette esperienze contenziose con l’Ufficio, il sottoscritto è consapevole del suo anomalo modo di stare nel ramo; egli ha più complessivi ed ampi elementi (quale operatore del settore) per darsene e farsene una solida ragione, fino alla più convinta rassegnazione.
Ciononostante, nella fattispecie della Maxxxxxxxxmela xxia, non può sottrarsi all’onere difensivo di indicare a Codesta On.le Commissione la pariteticità di forma e di sostanza, in ogni momento concettuale, gestionale ed operativo, con la quale l’Ufficio va caratterizzando connotando la revocatoria dei benefici fiscali, che, invece, alla contribuente, in tutta certa legittimità, spettano.
Tal genere di erroneità intrinseca, se pur formale, del mod.16 portato a notifica, si pone pure in contrasto assoluto con le disposizioni –e non solo con esse- degli art.6 e 7 della legge n.212 del 27.7.2000 (in vigore dal 1.8.2000), dell’art.19, II comma del D.Lgs. n.546/1992, le quali, in unione con le espressamente recepite norme della legge 7.8.1990, n.241, esigono un rispetto ed una considerazione positiva del contribuente, che l’Ufficio chiaramente dà prova di non saper o voler dare.
Per i profili di nullità o di illegittimità dell’atto, che per tale aspetto di esso sussistono, le corrispondenti richieste del sottoscritto si avanzano a codesta commissione.
4.VIOLAZIONE, CON ABUSO DI POTERE, DEL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA RAGIONEVOLEZZA, DEGLI ARTT.1, 8 E 10
DELLA LEGGE N.212/2000. ALTRE VIOLAZIONI DI NORME EMANATE A TUTELA DEL SETTORE AGRICOLO. PLURIME ARBITRARIETA’.
Il Legislatore (e non solo lui) da molti decenni (si pensi alla grande riforma agraria dell’immediato dopoguerra, nel cui concerto è ascrivibile ed inseribile la legge n.604/1954), certamente per assai rilevanti e serie ragioni, è proteso, in un’opera di sostegno , protezione, tutela, promozione ed incentivazione delle attività agricole nazionali e delle persone che ad esse legano il loro destino lavorativo, la loro vita economica e sociale e quella dei loro familiari. Si è così, anche nell’era moderna, confermato e rafforzato il principio di ordine naturale, esistenziale, giuridico, sociale e morale, che l’agricoltura (quale utilità e ricchezza primaria del genere umano), il mondo dei campi e delle sue genti, meritano una particolarissima attenzione istituzionale, collettiva e normativa.
Tanto nel convincimento, negli insegnamenti tramandatici, che i contadini e le loro attività costituiscono un bene ed un primario interesse per il Paese e per il consorzio umano e sociale che lo popola. In aderenza a ciò, in tutta condivisa consapevolezza, il legislatore si è prodigato e speso intensamente nei suoi compiti di governo della Nazione, emanando una interminabile serie di leggi e di provvedimenti avendo cura di trasfondere in esse le finalità e le specificità tutte proprie del meritorio e laborioso settore.
Trattandosi altresì dell’attività economico – produttiva tuttora prevalente nel Paese, non è azzardata considerarla quella che ha richiesto la emanazione del prevalente numero di norme e provvedimenti.
Circostanza questa testimoniata:
- dal vigente Codice Civile (art. da 2135 a 2187 e molti altri);
- dall’Ordinamento del nostro Stato, dell’Unione degli Stati Europei, Enti Locali, territoriali vari, ecc.;
dalla stessa legge 6.8.1954, n. 604, che ha occasionato questo intervento, la cui data e titolo svelano le sue radici nel tempo e del contesto ad esso sotteso; ben noto per i suoi bisogni di tutela, in un’epoca che vedeva il suo fortissimo depauperamento umano,
attraverso il flusso migratorio (enorme), degli assetti per i settori industriali del nord dell’Italia e dell’estero (Australia, America, Europa).
Trattavasi dell’epoca post bellica e neo Repubblicana in cui il reddito agrario era del tutto insufficiente per i bisogni primari delle famiglie numerose, che, in quell’era , costituivano il tessuto sociale ed umano della Nazione, quale risultato della politica demografica del ventennio monarco-fascista.
- dall’Ordinamento del nostro Stato, dell’Unione degli Stati Europei, Enti Locali, territoriali vari, ecc.;
Cosicchè la norma di cui trattasi ha origini assai lontane, come svela “Il Titolo” di essa : modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore dellapiccola proprietà contadina.
La norma è stata rinverdita e migliorata nel tempo ed è tuttora mantenuta nel nostro ordinamento, in quanto la sua necessità
non solo non è cessata, è addirittura accresciuta nella sua consistenza ed impellenza, giacchè ai suoi vecchi e ispiratori bisogni di operatività, si sono aggiunti: la denatalità contadina e non; l’invecchiamento della popolazione rurale; la soccombenza della civiltà e delle attività contadine, rispetto alle altre della produzione (industriali, professionali, terziarie, ecc. ecc.); la tutela dell’ambiente e ell’ecosistema.
Il presidio umano del territorio, in funzione delle salvaguardie, delle contingenze, del distruttore ed inquinatore modernismo; tutte proprie del nostro momento, caratterizzato altresì dalle attività continue della moderna criminalità organizzata, divenuta vero incontenibile fenomeno di aggressione e di azzeramento delle dotazioni tecnico – strumentali della ruralità e dei prodotti delle culture agrarie.
Con questi molti sintetici elementi illustrativi si è voluto dare alcuni spunti della genesi delle ragioni volitive della norma agevolativa, i motivi della sua vigenza ed i riferimenti con i quali occorre con essa rapportarsi; trattandosi di norma indubbiamente premiale, di sostegno, i cui contenuti ed il portato di fiscalità debbono riguardare gli scopi essenziali e primari a cui è deputata e giustapposta.
Astrarsi da tali inscindibili contenuti della norma, così come mostra voler fare meccanicamente l’ufficio avvisante, è cosa assai grave ed è opera certamente illegittima. Gli altri scopi, le preminenti finalità della norma allontanano, di loro, ogni idea di burocratica disattenzione, disinteresse e frustrazione.
E’ questa la linea di abominio, di pensiero e lo stato d’animo che l’ufficio ingenera al cospetto dell’avviso, che ha, senza nessun conto, emesso, in quanto da esso trasuda una lunga serie di reazioni emotive e squisitamente umane.
Esse, per via emotiva si hanno di fronte a fatti ingiusti, illogici, gravi, i cui aspetti di irragionevolezza si colgono a piene mani.
Qui si semplifica così l’aspetto incomprensibile, strano e belluino della vicenda:
ordunque dov’è la ragionevolezza, il buon senso, quando si dice (e si agisce) “paga quello che io so da te non dovuto e che so debbo rimborsarti”?
Non è forse questo molestare le persone e fare scempio di ogni principio del nostro diritto positivo e della ragionevolezza umana e costituzionale, come all’incontrario la esige la Corte Costituzionale, intervenuta a tal riguardo con la sua sentenza n.81 dell’8.6.1963, vera pietra miliare del nostro Stato di Diritto e primaria fonte di diritto del nostro Ordinamento giuridico?
Esigere un’obbligazione d’imposta inesistente e non dovuta, con il sistema del AD CAPTANDUM VULGUM (per abbindolare il Popolo) non è violare, fare strage degli art.3, 23, 53 e 97 della Costituzione (uguaglianza, legalità nelle richieste delle prestazioni patrimoniali, capacità contributiva delle persone e buon andamento della Pubblica Amministrazione) e tutte le norme che da essi discendono?
Com’è possibile che un Ufficio di tanta importanza agisca come pianeta a se stante, in cui gli istituti fiscali della compensazione delle imposte, la tutela dell’affidamento, della buona fede, dell’integrità patrimoniale e quanto altro l’Ordinamento tributario già prevedeva ed ora trasfuso nella legge 27.7.2000, n.212 non trovano ingresso?.
Come fa l’Ufficio a praticare un criterio economico (pagamento/rimborso) che è in senso diametralmente opposto all’istituto (agevolativo, semplificatorio, di rispetto, di civiltà e di risparmio erariale) della compensazione delle e tra imposte e del conto fiscale?
L’Ufficio è artefice, costringe l’Erario a restituire ai contribuenti con la destra quando ha “indebitamente” (consapevolmente e volutamente) preso con la sinistra.
Ciò tiene in piedi un sistema che destruttura l’intero sistema fiscale dello Stato e riesce probabilmente a ledere puranche il Codice Penale. L’avviso di liquidazione è in tal guisa in funzione strumentale ed al servizio di tale circolo vizioso e non in funzione di una attività riscossiva fine a sé stessa, per una creditoria erariale realmente dovuta.
Esso sa, vuole praticare un’operazione illecita ed a vuoto, per meri comodi, oscuri fini burocratici, avendo nei suoi atti tutti gli elementi dell’inesistenza dell’obbligazione tributaria, la cui pretesa si formula lo stesso, tanto (poi) c’è e si dà luogo al rimborso.
Tutto ciò è assurdo! E contro ragione nelle massime misure.
L’elemento di opinabilità di cui l’ufficio si serve bellamente per mantenere in piedi l’artificio è la tardività di produzione del certificato I.P.A. definitivo (cui concerne la tardività) e del quale fa acquisizione, operazione questa anch’essa contro norma e contraddittoria, giacchè si assume che il contribuente debba solvere prima e poi ripetere, servendosi del certificato che comprovi il suo diritto al rimborso, atto del quale però l’ufficio lo ha privato.
Il tutto in ambito amministrativo senza possibilità autocertificativa.
Tardività, si è detto non solo fuori dalla previsione normativa, ma non influente una volta dimostrato il diritto alle agevolazioni, diritto che subisce il consolidamento proprio per effetto della produzione dell’atto e determina l’indebenza delle imposte, estintesi alla fonte nei suoi caratteri di obbligazione tributaria.
E’ questo l’ordine ed il senso giuridico dei fatti diretti e riflessi dell’avviso. Individuare in essi la legalità e la ragionevolezza è proprio opera vana.
E’ chiaro e indiscutibile che l’ufficio opera senza effettiva utilità fiscale e fa pur di fare e tanto per fare.
Anzi dovendo rimborsare con gli interessi, ammaestra il Ministero delle Finanze, su impulso degli Ispettori Compartimentali delle
imposte (R.M. n.200248 dell’8.11.1985, già prima trascritta), pone in essere un’attività di danno erariale.
Trattandosi quindi di opera abusiva, arbitraria, indebita ed illecita e l’avviso che ne fa traenza è infondato ed illegittimo.
Il sottoscritto si è formato l’articolato convincimento , che trasferisce parzialmente con questo atto, a Codesta On.le Commissione, innanzitutto della rilevanza del fatto in sé, che è del tutto in armonia con la realtà di vita e di lavoro della xxxxxro Cxxxxxla Maria, così come lo è con la normativa che reca le agevolazioni fiscali, armonia completata da quanto il mondo del diritto, ed oggigiorno, pone, in termini di regole, a tutela e rispetto dei contribuenti e dei diritti legittimi di essi. Trattasi delle cosiddette conquiste (sudatissime) del progresso e della civiltà, in una col nostro Stato di Diritto.
Se ne conferiscono alcuni scampoli che con la fattispecie hanno attinenza di scienza e difensiva:
– Dall’Avvocatura Generale dello Stato, in un riscontro dato al Ministero delle Finanze, autore di interpellanza per il settore delle agevolazioni fiscali nell’imposta di registro:
E’ sempre necessario verificare quale sia l’effettivo significato e la concreta portata di ogni legge o norma di carattere sostanziale emanata in materia, controllare se essa è riferibile o meno alla specie di atti presi in considerazione.
In altri termini si tratta di risolvere i problemi caso per caso, tenendo all’uopo presente l’analisi delle compatibilità tra le singole disposizioni – in particolare tra quelle speciali ed agevolative – e la fattispecie in esame.
Tenuto conto, infatti, dei già richiamati canoni interpretativi individuati dall’Avvocatura Generale dello Stato, che impongono a carico dell’amministrazione finanziaria l’obbligo di verificare sempre quale sia l’effettivo significato e la concreta portata di ogni legge o norma di carattere sostanziale, ecc., ecc…
– Dalla dottrina e dalla giurisprudenza del Diritto Amministrativo, in ordine alla condotta della Pubblica Amministrazione, nell’esercizio dell’imperio di interesse pubblico, con l’uso dell’Atto Amministrativo:
La legge formalizza due momenti specifici della disciplina dell’atto amministrativo: l’incompetenza e l’eccesso di potere (mentre le violazioni di legge, come causa d’invalidità, rappresenta un elemento comune per diversi aspetti anche agli atti privati).
L’eccesso di potere ha la base incentrata sul concetto di funzione e sulla necessità per tali atti di perseguire l’interesse pubblico.
Il vizio di eccesso di potere è inteso come una forma di incompetenza assoluta e cioè come un vizio che rende radicalmente nullo il provvedimento per assoluta mancanza della facoltà di emanarlo.(Relazione dell’ufficio centrale del Senato).
La IV sezione del Consiglio di Stato ha introdotto nell’ordinamento un concetto di eccesso di potere come vizio ancorato alla razionalità ed agli scopi del potere medesimo, e dunque al concetto di sviamento ed a quello di funzionalità necessaria al potere pubblico.
Da quanto appena riportato (di fonte libraria) si può comprendere il disappunto così acuto del sottoscritto (potenziato dalle accorate e vivissime lamentele della contribuente).
Per chi vive di duro lavoro agricolo è tuttaltro che facile tollerare un sistema che ti impone di pagare ciò che non devi per volontà della legge, perché poi, con tutto comodo, verrà il rimborso (se poi realmente viene).
Quando poi? Si sa : Quando l’erario smetterà di cavillare , ne avrà voglia e la disponibilità monetaria (misurata strettamente e contingentata a ciclo annuale).
In tutto ciò l’eclatanza dell’eccesso e dell’abuso di potere, della violazione di legge e dello sviamento amministrativo del procedimento è completa.
In conclusione l’Ufficio, così come concepisce il suo ruolo e le sue funzioni istituzionali e così come agisce, si rende reo delle plurime illegalità meritevoli di correttive censure, in quanto:
– La mancanza della causa solutionis, determinata per sopravvenienza, a motivo ed effetto della produzione del certificato definitivo dell’I.P.A., fa si che la prestazione – il pagamento – non ha, oggettivamente, alcuna valida giustificazione. Cioè il rapporto d’imposta diviene inidoneo a generare la causa debendi, ovvero fa si che l’obbligazione tributaria d’imposta è come se non fosse mai esistita.
Esigere ugualmente l’esecuzione di essa costituisce arricchimento senza causa da indebito oggettivo, fatti che l’Ordinamento vuole oggetto di energica tutela a motivo della salvaguardia della buona fede, della sicurezza e delle circolazione dei beni patrimoniali. A
tal fine la giurisprudenza relativa ha sentito il bisogno di estendere, quale correttivo, l’equiparazione alla mala fede l’esercizio della buona fede temeraria. E’ questa la condizione in cui l’ufficio col suo scorretto modo di agire: ora paga, tanto un giorno arriverà il rimborso!
Condizione del tutto contraria alle direttive ed interventi Ministeriali, fatti per far conoscere agli uffici i principi di diritto qui sintetizzati (non di contorno ma di base), ai quali informare l’operatività nei rapporti con i contribuenti;
L’estromissione di tale circolo vizioso dai rapporti d’imposta è conseguente e la si chiede a Codesta On.le Commissione, perché possa anche valere come arresto di un malcostume dannoso, persecutorio ed eversivo, di metodo e di sistema, a cui l’Ufficio mostra indulgere in simili frangenti.
Una non trascurabile parte delle più recenti e sentite misure legislative adottate,volte a correggere, a riformare ad aggiornare molti istituti del Diritto Tributario, del Diritto Pubblico e del Diritto Amministrativo e persino del Diritto Costituzionale, ha voluto marcare il bisogno di evoluzione in cui il vecchio Ordinamento languiva.
Nei suoi livelli centrali, e spesso anche a livello territoriale periferico, le innovazioni normo-ordinamentali sono state accolte ed attuate di buon grado, trattandosi peraltro spesso di provvedimenti voluti, promossi ed elaborati dagli Uffici legislativi della stessa
P.A.F. Finanziaria o del Ministero di Grazia e Giustizia.
Non si ignora l’enormità e la vastità degli interventi, la produzione del relativo materiale diretto e derivato da studiare ed assimilare e l’enorme quantità di lavoro occorrente, dopo aver conseguita (se conseguita) la disponibilità funzionale dei testi per assolvere all’impegno di studio e, per suo profitto, all’aggiornamento professionale.
Ciò fa si che perdurino sul territorio fenomeni deleteri per i contribuenti e per la stessa dignità di quelle Istituzioni che si attardano nell’informare la gestione delle partite fiscali alle nuove norme, alle nuove direttive delle superiori gerarchie ed agli apporti, che giungono dalle dottrine e dalle decisioni delle giurisdizioni di merito e di legittimità.
La vicenda della Mxxxxxaro xxxla Mxxxa dà modo di evincere che si è in presenza di uno di quei fenomeni di intempestività funzionale, aggravato in termini di autentica ordinaria patologia, per supplementari aspetti, al ramo libero professionale non meno note, ragioni di locale aggravio che si lasciano nella loro ufficiosità, dovendo (si sa) comunque fare salvo l’umano rispetto ed il decoro di ciò che la
P.A.F. riesce a mettere a servizio del Cittadino Contribuente, che, si sa, è e resta l’incudine sul quale essa può battere come e quanto vuole.
Il sottoscritto è già aduso ad un genere di corrispondente incallita pazienza e sopportazione, per essere bagaglio e viatico del suo impegno professionale; del cui esercizio, però, nella presente circostanza, che lo vuole in veste di difensore, non può, per onere ontologico e di coscienza e scienza, decumulare alcuna censura all’indirizzo dell’Ufficio, che, con la sua ingiusta presa di posizione, a carico della sua patrocinata, riesce a destrutturare e terremotare pressochè l’intero Ordinamento tributario, e non solo esso, come si passa a specificare, beninteso con finalità specificamente difensive.
L’Ufficio, quindi, con la sua revoca viola puranche:
– l’art.1, II comma della Legge 7.8.1990, n.241, che così recita: la Pubblica Amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. (e far pagare il non dovuto in funzione di un successivo accertato diritto al rimborso, vuol dire aggravare, oltermodo, il procedimento concernente le agevolazioni tributarie, avviato in sede di registrazione della stipula notarile, che è procedimento Amministrativo, in ambito Tributario;
– Viola gli artt.1, 7, 8, 10 e 13 della Legge 27.7.2000, n. 212, che rispettivamente stabiliscono:
- Art.1: gli artt.3, 23, 53 e 97 della Costituzione costituiscono principi generali dell’ordinamento Tributario, ecc.;
- Art.7: gli atti dell’Amministrazione Finanziaria sono motivati secondo quanto previsto dall’art.3 della Legge 7.8.1990, n.241, ecc…, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione;
(l’avviso di liquidazione, se abbraccia la determinazione del presupposto, ormai nell’Ordinameto ha la natura di provvedimento impositivo e ciò comporta dunque che esso deve contenere innanzitutto gli elementi essenziali per l’esercizio di provvedimenti siffatti,
cioè quelli previsti per l’avviso di accertamento.
L’avviso di liquidazione in contestazione, in realtà,è privo dei voluti requisiti, in quanto si limita ad enunciare unicamente la tardività di produzione del certificato I.P.A.;
- Art.8: l’obbligazione tributaria va estinta con riguardo all’integrità patrimoniale del contribuente;
(cioè l’agire della P.A.F. deve essere lecita e non può intaccare il patrimonio di chicchessia. Ed esigere un indebito pagamento è
l’opposto di quanto la norma non consente);
- Art.10: i rapporti tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, sussistendo un’esigenza di tutela dell’affidamento e della reciproca buona fede;
(l’Ufficio, col suo agire mostra di non essere collaborativo e non in grado di tutelare quei beni primari, non meno importanti della somma,
che, sebbene non dovuta, la si vuole fraudolentemente incamerare; per la parte relativa alla buona fede, si soprassiede per carità di Patria);
- Art.13: i presupposti per agire il garante del contribuente sono: disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione Finanziaria, ecc., ecc.;
La norma ipotizza in pieno quanto l’agire dell’Ufficio riesce in negativo ad integrare, norma che non vuole si abbiano prassi Amministrative anomale o irragionevoli ed altro.
(E non è irragionevole ed anomalo voler esigere un pagamento d’imposta non dovuto e si sa già essere tale, se pur prospettato e promesso essere oggetto predestinato al rimborso)?
Si spera non dover aggiuntivamente portare la vicenda all’attenzione dell’Ufficio del Garante, già in corso di operativa costituzione
è dover essere i primi a dover ricorrere alle sue cure.
– Violazione dell’art.1173 del Codice Civile: Tra le fonti delle obbligazioni la norma pone “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle”, in conformità all’Ordinamento giuridico. Si considera, che, aver dimostrato che l’atto di avviso, come atto Amministrativo e Fiscale, è intrinsicamente inidoneo ed incostitutivo dell’obbligazione tributaria, così come lo è “il fatto” posto a base della revoca, essendo tal fatto incontrovertibilmente attratto nella previsione agevolativa della Legge 604/1954, con l’aggiunta che la tardività della produzione del certificato I.P.A. (tardività in realtà imputabile al terzo preposto al rilascio). La presa di posizione dell’Ufficio non ha pregio e non
rileva, perché non prevista espressamente dalla legge e perché assorbita e sanata dagli istituti estintivi dell’obbligazione dell’imposta, se esistente, presenti nel nostro Ordinamento Tributario, civile e non ultima, a motivo dell’acquiescenza consapevole, manifesta e concludente che l’Ufficio in generale pratica ed ha dato nel caso di specie.
Patrimonio della Cultura Giuridica E’ vetusto patrimonio della Cultura Giuridica Italiana che un tempo la P.A.F. era adusa alla conservazione, all’antigiuridicità, a combattere frenanti battaglie di retroguardia fine a sé stesse. Il principio era che “il Principe” ha sempre ragione ed a lui tutto è dovuto.
Sono queste le radici dell’agire illegittimo dell’Ufficio del Registro di Taranto, che spinge a combattere le conseguenti controbbattaglie, perché si ponga nella sopravvenuta legalità Costituzionale e nel solco dell’affermatosi moderno Stato di Diritto, che ha sradicato tal
genere di sopraffattrice condotta.
Gli aspetti ed i contenuti medioevali dell’agire , nella fattispecie dell’Ufficio, (che vuole “il suddito” sempre e comunque prono ed ubbidiente in ogni genere di pretesa, di prestazione e di ossequio al potere), trascendono dall’ordine di considerazione che vuole, per fatto di natura, il progresso solitamente respinto, ignorato, inascoltato e trascurato e la cultura, che evolutivamente lo porta, e lo spinge impegnata in erculea difficile e faticosa diffusione, affinchè possa diventare comune patrimonio del sentire e dell’operare.
Si è in presenza di un caso in cui la ragionevolezza comune e giuridica non può che essere la dominatrice ed in cui gli specifici
interventi normativi, direttivi, di dottrina giurisprudenziali, hanno fatto da tempo governo e partecipazione a piene mani, attraverso i canali di cui la P.A.F. si serve per dare unitarietà e comunanza di operatività agli Uffici Amministrativi ed erariali del territorio.
Per quali motivi l’Ufficio vuole insistere ugualmente nell’esercizio dell’antiragione, dell’antigiuridicità, dell’antierarialità?
Perché l’Ufficio si comporta come chi non vuol vedere, sentire e capire? E’ questo un genere di domande in cui lo sgomento e la
perplessità non trovano limiti, perché se pur riscontrate e riscontrabili, si sa essere risposte prive di plausibilità ed oggettività.
Tutto quanto proviene dall’Ufficio è perciò difforme dalle regole del nostro vigente Ordinamento giuridico, e l’avviso mod.16 lo viola e
lo lede in più punti, in grande misura, tra cui l’art.1173 del C.C., a volere del quale l’obbligazione non si configura e non esiste e la contribuente non ha alcun vincolo giuridico di solverla, pur, si è già detto, trattandosi di obbligazione tributaria, essendo essa allineata
e accomunata alla comune e generale obbligazione di indole privatistica.
5.LA TARDIVITA’ DELLA PRODUZIONE ALL’UFFICIO DEL CERTIFICATO DEFINITIVO I.P.A., ATTRIBUIBILE AL RITARDO DI RILASCIO DELL’ATTO, TEMPESTIVAMENTE RICHIESTO,DETERMINA INCONSAPEVOLEZZA NEI CONFRONTI DELLA CONTRIBUENTE. EFFICACIA GIURIDICA DEL PREESISTENTE REQUISITO PROFESSIONALE (DI BASE SCOLASTICA) DELLA STESSA.
La richiesta all’I.P.A. del certificato definitivo, voluto dall’art.4, 1° c. e 5. della Legge n.604/1954, è stata avanzata con istanza del
19.1.1995, in previsione delle stipula dell’atto notarile,(si è prima specificato), posta in essere dal notaio il successivo 31.1.1995, dopo
il rilascio, a cura dell’I.P.A., dell’attestazione provvisoria , pur’essa datata 31.1.1995.
Nelle more, la contribuente, sapendo l’Ufficio in attesa del certificato definitivo, ha avuto cura di sollecitare e sensibilizzare personalmente l’I.P.A. all’emissione del suo atto, fatta ugualmente però a triennio scaduto, essendo la potenzialità tecnico-funzionale dello stesso I.P.A., inadeguata alla sua mole di lavoro, questa espressa dello stesso n.625/1995 dato dall’atto della Maxxxxxxxxxmela Marxx.
Questi, così conseguitone il rilascio, in data 19.6.1998, consegnava il certificato all’Ufficio, che lo aveva datato 15.6.1998.
Il dato della cura attenta e della tempestività ad adempiere lo provano le sue date apposte rispettivamente sul certificato dall’I.P.A. e
dall’Ufficio all’atto della sua produzione ed acquisizione (prot.8247, 19.6.1998, dice il relativo timbro dell’Ufficio de Registro, apposto a cura del preposto al servizio di protocollazione di tal genere di atti).
Si è anteposto che:
- a tenore della Legge n.604/1954, in tal genere di condotta adempitoria, non è possibile configurare un ritardo, ritorcibile in termini di recupero delle imposte ordinarie prospettate dall’Ufficio;
- non vi è perentorietà nel terminine del triennio, utile alla produzione del certificato definitivo I.P.A.;
- non è previsto, nella specialissima norma, l’istituto della decadenza, come praticato dall’Ufficio, che l’art.7 di essa norma ben
diversamente configura, articola ed ipotizza; - non si può far decadere ciò che non esiste, non è più costituito come obbligazione tributaria.(E’ quest’ultimo un aspetto utile e di rilievo nella controversi, che, per ora, si tralascia, non senza le debite riserve di ampliamento difensivo, ove occorrerà
in futuro, causa durante. Sono il Giannini, il Tesauro, il Russo, il Falsitta, il Fantozzi, ecc. che insegnano, che l’obbligazione non sorge se non quando si verifica la situazione di fatto prevista dalla legge, le caratteristiche di essa sono comune a tutte le obbligazioni legali e vi è la necessità del “fatto umano” (volontario o involontario) o naturale, il quale, da solo o in concorso con altre circostanze, fissate dalla legge, determina il sorgere del vincolo a solvere. Trattasi questo del discorso che l’obbligazione,
estintasi ope legis, per la sua sopravvenuta cessazione, cioè per la sua sopraggiunta inesistenza, perché venuti meno i presupposti (causa), l’obbligazione non può in alcun modo essere tenuta in vita e l’istituto della decadenza non ha margine di azione a recupero di imposte che la legge considera non essere mai state dovute).
Qui ora però si permane sul punto della decadenza dai benefici, dovuta alla tardività della produzione del certificato I.P.A. definitivo.
Trattasi di casi non infrequenti, essendo, su scala nazionale, gli Uffici Regionali I.P.A. intempestivi nel loro compito d’istituto.
In tali circostanze, in senso contrario all’assunto decadenziale dell’Ufficio, vi è abbondante materia, di diversa primaria competenza ordinativa: Ministero delle Finanze e Giurisdizione Tributaria e di legittimità.
Della prima si è già fatta specificazione in altro punto di questo ricorso. Per quanto attiene alle risorse di giurisprudenza, se ne indicano alcune, che, per autorevolezza, diretta e specifica attinenza alla fattispecie, possono dare il contributo, l’ausilio ed il conforto che Codesta On.le Commissione riterrà (se lo riterrà) di ricevere dalle stesse. Commissione Tributaria Centrale n.5031, dell’ 1.10.1992 e n. 2645, del 30.9.1993 (quest’ultima già antecitata). Suprema Corte di Cassazione n.8057, del 27.8.1997 e n.12858, del 28.12.1998.
Dalla vicenda non può essere ulteriormente estraneato il disposto dell’art.12 della Legge 9.5.1975, n.153, attuativa delle direttive del Consiglio delle Comunità Europee per la riforma dell’agricoltura, il quale completa e rafforza il diritto della Massaro Carmela Maria alle agevolazioni, avendo la contribuente preordinato e condotto i suoi studi nel settore agrario, fino a conseguire il diploma di Perito Agrario, come da accluso certificato dell’I.T.A.S. “Mondelli” di Massafra (Ta) e dalle frequenze accademiche nell’Università degli Studi di
Bari (Facoltà delle Scienze Politiche).
Il testo dell’art.12 succitato è il seguente:
“Art.12 – Si considera a titolo principale l’imprenditore che dedichi all’attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dall’attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale.
Il requisito e quello inerente al tempo dedicato all’attività agricola è accertato dalle regioni.
Il requisito della capacità professionale si considera presunto quando l’imprenditore che abbia svolto attività agricola sia in possesso di un titolo di studio di livello universitario nel settore agrario, veterinario, delle scienze naturali, di un diploma di scuola media superiore di carattere agraria, ovvero di istituto professionale agrario o di altra scuola ad indirizzo agrario equivalente.
Il detto requisito si presume, altresì, quando l’imprenditore abbia esercitato per un triennio anteriore alla data di presentazione della
domanda l’attività agricola come capo di azienda, ovvero come coadiuvante familiare o come lavoratore agricolo: tali condizioni possono essere provate anche mediante atto di notorietà.
Negli altri casi il requisito della capacità professionale è accertato da una Commissione provinciale nominata dal presidente della giunta regionale e composta dai rappresentati delle organizzazioni nazionali professionali degli imprenditori agricoli più rappresentative e da un funzionario della regione che la presiede.”
Il sottoscritto chiude questa parte dell’articolato difensivo con la trascrizione “a discarico” della conclusione della sentenza n.8057 della S.C.C., che modella, nella vicenda, la condizione della contribuente ed il cui identico esito, si propugna difensivamente e si auspica venga ad essa accordato da Codesta On.le Commissione, nella cui opera di giustizia si confida:
“ALLA STREGUA DI TALI ACCERTAMENTI, CHE NON TROVANO SMENTITA DI SORTA NEL RICORSO PER CASSAZIONE, NESSUNA DECADENZA ERA RAVVISABILE, DERIVANDO IL RITARDO DELLA PRODUZIONE DOCUMENTALE NON DA INERZIA DEL CONTRIBUENTE, MA DA OMISSIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”.
P.Q.M.
Il sottoscritto difensore viene a finale considerazione e conclusione che l’avviso di liquidazione mod.16 e l’annesso prospetto di liquidazione dei tributi e degli interessi, risultano completamente ed in radice estranei al nostro Stato di Diritto ed al nostro Ordinamento Giuridico e Tributario, a ragione della loro infondatezza, illiceità, abusività, arbitrarietà e completa illegittimità, per cui sono da estromettere dal sistema fiscale, in uno, col procedimento “Pagamento/Rimborso” che l’Ufficio prefigura e vuole svolgere, giudicandoli nulli o suscettibili di annullamento.
Ed a tali fini, richiamando ciascun punto ed elemento difensivamente conferito nella controversia,
CHIEDE
A) AI SENSI DELL’ART.47 DEL D.LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M. a Codesta On.le Commissione, in via cautelare, voglia accogliere l’istanza di sospensione cautelare dell’atto di avviso, che qui si formula, non essendo la Mxxxxxxxxxxla Maria in grado di corrispondere le imposte e gli interessi a lei così estemporaneamente ed irritualmente richieste.
Il ricorso appare meritevole di accoglimento, per tutti i motivi in esso dettagliati e non sussistono pericoli in mora, data la presenza del cespite agrario, che garantisce l’ammontare delle imposte pretese.
Se non fosse concessa la richiesta tutela cautelare alla ricorrente deriverebbe un pregiudizio grave ed irreparabile, dall’esecuzione, se pur parziale, dell’atto, perché:
– Il fondo per essere portato all’attuale cultura agricola ha comportato notevoli costi di trasformazione agraria e di miglioria. Il
conseguente indebitamento aggiuntivo a quello dell’acquisto è stato e permane nella sua onerosa durata;
– Le nuove culture instaurate, da seminativo ad agrumi, ancora non fruttificano adeguatamente, trattandosi di un impianto giovane e perché recente riconversione;
– I costi di governo del fondo assorbono i magrissimi ricavi, aggiuntivamente falcidiati dalle molte avverse condizioni climatiche,
soprattutto la rarefazione delle piogge annate agrarie durante, le punte di eccesso di gelo nelle invernate del trascorso biennio ed eventi
calamito-ricorrenti, ai quali gli agrumi, per loro peculiarità di genere e di cultura, sono eccezionalmente sensibili. Per un buon numero di piantine si è reso necessario il reimpianto, perché seccate dal gelo o seccate dalla siccità, dovuta alla prolungata assenza dell’attività pluviale. I lavori relativi hanno causato un supplemento di costi, divenuti pur’essi debiti da onorare, a misura con la ciclicità stagionale del molto improbabile raccolto, come si sa essere l’aspetto caratteristico delle attività agricole, specie quelle in cui la ciclicità è annuale (se manca il raccolto occorre saltare all’anno successivo, con tutti gli aspetti di aggravio economico che la gestione dell’azienda
agricola comporta);
– Il piccolo futuro reddito del fondo, quantunque aleatorio, è già gravato da debiti fondiari così formatisi e la contribuente non ha terze
fonti di reddito. Inoltre necessita dei primari mezzi di sussistenza, in unione con la sua famiglia. Corroborano e danno sostanza al bisogno di sospensione dell’atto, come evento anticipatore delle funzioni di giustizia, i fattori di ragione, in forza dei quali, un atto erariale così assurdo ed incostitutivo, non debba essere capace di generare la pur minima efficacia esecutiva. Così che il
bisogno della sua subitanea e totale neutralizzazione insorge dalla legge stessa e dall’imperio di essa, prima ancora dell’impossibilità a solvere della Maxxxxxxxxxmela Maria.
A queso proposito, si soggiunge che è sano convincimento di questo sottoscritto, e perciò lo converte in tesi positiva e la sostiene, che una capacità contributiva inventata di sana pianta è già di per se bastante a configurare plausibile motivo e bastevole prova per la concessione della chiesta sospensione dell’avviso.
Sicchè anche per tale via rinfocola e rafforza la richiesta cautelare.
B) DI VOLER ACCOGLIERE, NELLA SUA TOTALITA’, IL PRESENTE RICORSO, e per effetto e con riferimento alle previsioni di legge, dichiarare nullo o annullare l’avviso qui apposto e suoi allegati e riconoscere spettanti le Agevolazioni Fiscali ab origine chieste nella stipula notarile del 31.1.1995, a ministero del notaio Lxxxxxxxx., così come concesse dall’Ufficio in sede di registrazione, restando in tal senso inefficace ed infondata, l’operata revoca delle stesse.
Dichiarare così ed altresì inesistente ogni obbligazione d’imposta e degli accessori, a fronte dell’iniziativa di revoca erariale operata, con l’avviso oppugnato, dall’Ufficio del Registro di Taranto.
C) BISOGNO DEL CONTRADDITORIO VERBALE CON UFFICIO, IN FUNZIONE, ALTRESI’, DELL’ORIENTAMENTO DIFENSIVO EXTRATRIBUTARIO DA TRARRE DAGLI ATTEGGIAMENTI E DALLE TESI DELL’UFFICIO. CONSEGUENTE BISOGNO DELLA TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA. ART.33 1° C. DEL D.LGS. 546/92 (SENTENZA N.526, DEL 23.6.1997, DEPOSITATA IL 23.12.1997,
DELLA C.T.P. DI SALERNO.
La contribuente e il sottoscritto necessitano di avere completa contezza dell’agire dell’Ufficio e delle sue tesi a sostegno della fatta revocatoria, in contrapposizione ai motivi oppugnatori assunti in questo ricorso.
La necessità è funzionale alle iniziative difensive e di giustizia che si riterrà pure di assumere eventualmente in altre sedi della Giurisdizione e nelle sedi proprie delle superiori articolazioni dell’Amministrazione Finanziaria dello Stato.
A tal proposito corre il bisogno di dare al contraddittorio con l’Ufficio la massima organicità e completezza possibile ed a Codesta On.le Commissione, quegli elementi di supplementare cognitio che connota la complessità e l’osticità della controversia, incardinata com’è in una ritualità di remota, ma superata praticabilità.
Per tali motivi si formula richiesta di trattazione della causa in pubblica udienza.
D) AUTOTUTELA. SUO ESERCIZIO. RICHIESTA ALL’UFFICIO, IN PRESENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO.
L’avviso mod.16, nei suoi postulati, non è conforme alla legge ed è perciò da rimuovere, perché si abbia il ripristino della infranta legalità e cessino gli effetti erariali del procedimento revocatorio con esso effettuato.
Dal punto di vista definitorio l’ordinamento concorda nel situare l’origine dell’istituto dell’autotutela nell’art.97 della Costituzione, secondo cui debbono essere garantiti il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
L’atto illegittimo discrimina e rende, inconsapevolmente, quando tale è, ma non come evidenzia, partigiano l’operato
della P.A., poiché crea ingiustificati danni, penalizzando il contribuente, senza ragione rispetto agli altri consociati.
Tale situazione sperequativa, appena venuta alla luce, cozza rumorosamente anche contro il disposto dell’art.3 della Costituzione, che in tal caso enuncia non solo il principio di eguaglianza, ma anche, come è detto con espressione calzante, il principio di coerenza.
Una delle ragioni dell’autotutela è data dal fatto che in casi di tal natura l’intero sistema non può restare indifferente. La buona
gestio della cosa comune si ha anche grazie all’esercizio dello ius poenitendi, come frutto dell’analisi, nel profondo, di essa.
Nella fattispecie ricorrono tutte le condizioni volute dalla legge (e non solo da essa), pertanto si chiede all’Ufficio di rideterminarsi e di procedere alla revoca, a mezzo dell’applicazione dell’istituto di cui dispone (autotutela).
Con il favore delle spese e degli oneri di giudizio.
Si producono i seguenti atti:
¨ Fotocopia dell’avviso di liquidazione mod.16 mecc. (tasse) ed allegati impugnati (n.95xxx410/002/R, datato 5xxx00);
¨ Fotocopia dell’’atto pubblico in data 31.1.1995, rogato dal notaio xxxxxxxxnio (Rep. n.xxx4 raccolta xx9), registrato dall’Ufficio del Registro di Taranto, in data 17.2.1995, al n.1xxxx0;
¨ Fotocopia della busta mod.284 – modulario F-tasse- 125, di spedizione postale del suddetto avviso ed allegati.
(n.2): Raccomandata R.R. n.098xxxxx543-1, da Taranto in data 1.9.2000, giunta a Massafra il giorno 8.xxx000 (servizio notificazioni atti fiscali /3°/95/1410)
¨ Fotocopia dell’Attestazione Provvisoria dell’I.P.A. di Taranto, prot.1xxx, datata 31.1.1995;
¨ Fotocopia del Certificato Definitivo dell’I.P.A. di Taranto (prot. 6xx/95), rilasciato in data 15xxxxx1998 (su istanza del 19xxx95) e consegnato all’Ufficio del Registro di Taranto il 19.6.1998 (prot.xxxxx7):
¨ Fotocopia della Legge 6.8.1954, n.604 (nella sua versione attuale, come tratta della banca dati della De Agostini Giuridica-Leggi d’Italia). In merito a tale norma si fa avvertenza che ai sensi dell’art.28 della Legge 2.6.1961, n.454 e dell’art.1 della Legge 21.7.1961 n.707, anche l’Imposta di Registro è stata stabilita in misura fissa;
¨ Fotocopia della R.M. Ministero delle Finanze n.200248, dell’8.11.1985;
¨ Fotocopia della R.M. Ministero delle Finanze n.240837, del 14.2.1984:
¨ Fotocopia estratto stampa: Corriere del Giorno in data 26 ottobre 2000;
¨ Fotocopia estratto stampa: Corriere del Giorno in data 27 ottobre 2000;
¨ Fotocopia decisione n.5031, del 1.10.1992, della Commissione Tributaria Centrale, sez.7;
¨ Fotocopia decisione n.2xxx, del 30xxxx93, della 27 sez.;
¨ Fotocopia sentenza n.xx57 del 2xxxxxxxxxx97, della S. Corte di Cassazione, sez. 1^;
¨ Fotocopia sentenza n.12xxx, del 28.12.1998, della S. Corte di Cassazione, sez.1^;
¨ Certificato di studio, rilasciato alla contribuente dall’Istituto Tecnico Agrario Statale “Mondelli” di Massafra (Ta).
Massafra, li 3.11.2000
Con ossequio
Il difensore
abilitato, Rag. Tonio Detomaso
_______________________________
Procura speciale
Conferita a margine della prima pagina del presente atto.
DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ DELLA COPIA DEL RICORSO ALL’ORIGINALE
Il sottoscritto rag. Tonio Detomaso, in qualità di difensore abilitato dalla sig.ra Mxxxxxxxxxxxxxxxxxxxa Maria nella presente controversia attesta, ai sensi dell’art.22, comma 3, del D.Lgs. 546/1992, che questo ricorso è conforme all’originale consegnato all’Ufficio del Registro di Taranto in data _____________.
Firma del difensore
______________________
(rag. Tonio Detomaso)